martedì 6 novembre 2007

un abbraccio d'amore

La tomba di mamma
05 novembre 2007


Certo non lo si può considerare un discorso allegro, ma nemmeno quando se ne parla si deve cadere nella più nera disperazione. tre giorni fa abbiamo commemorato i nostri morti e come tutti, sono anch'io andato a visitare i miei cari estinti. Mio padre e mia madre sono stati seppelliti nel cimitero del mio paese natale anche se, come tutti, avrebbero voluto ritornare nella loro terra, la Campania.


Ma si sa com'è la vita, vivi male se non ti integri o se non ti fanno integrare, vivi perennemente e mentalmente con la valigia pronta per rientrare nella città che ti ha dato i natali, mentre le possibilità di farlo realmente, si riducono ogni giorno che passa, sempre di più. I figli crescono e rifiutano di tornare in luoghi a loro sconosciuti lasciando gli amici di gioventù, poi si fidanzano, si sposano, trovano un lavoro e i paesi del sud, che una volta amavano perchè così belli e differenti, diventano per loro sempre più lontani, materialmente ed emotivamente.


Altri modi di vivere e di ragionare, altri valori e costumi, culture e abitudini diverse e lontane, sono i motivi per cui i ricordi restano tali. Ora sono qua i miei morti, costretti dalla natura maligna a legarsi ancora per anni alla terra matrigna, vera terra che ricopre le loro spoglie mentre una coltre di marmo e di pietra fa loro da eterno giaciglio. Sono io che ho disegnato la loro ultima dimora, l'ho fatto con il cuore, sperando d'essere amato anche dal luogo in cui si trovano nuovamente vicini.


Il giorno dei morti ho scattato una foto del monumento funebre che protegge da guardi indiscreti ciò che resta del corpo di una bellissima donna, mia madre, e vorrei mostrarlo, non per vanto, ma perchè rappresenta come già qualcuno ha potuto vedere, la croce di Cristo fattasi figlio o se vogliamo Gesù stesso fattosi croce. Un Cristo implorante e misericordioso che prega per tutti, e con le sue braccia spalancate sembra voglia accogliere chiunque gli si avvicini, supplicando il padre misericordioso per i miei e per i vostri morti.


Questo ho pensato quel giorno, i morti sono un lutto per tutti e tutti sono figli e parenti o genitori di ogni anima che vaga inquieta in una terra lontana, che come appunto gli immigrati, vedremo solo il giorno in cui i nostri occhi si chiuderanno alla vita. E sempre in questa occasione, nel prossimo post inserirò un ultimo inno di marmo alla sofferenza di un uomo, un pescatore vissuto fra le onde del tirreno. Un uomo mite che io ho voluto immaginariamente far riposare per sempre sul fondo marino o viceversa, navigare sulle creste perniciose di quelle onde che tanto amò e odiò durante la sua sofferta esistenza terrena.



Italo Surìs


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