lunedì 20 febbraio 2012

le castagne dal fuoco


Seguo con interesse il lavoro di Mario Monti. C'è come in tutte le cose ed in ogni situazione, chi lo apprezza e chi no. Personalmente osservo in silenzio, non mi sento preparato, non solo per poter giudicare ciò che sta facendo, ma addirittura per capire alcuni aspetti delle sue scelte. Per me la finanza è una materia ostica, sono stato abituato a lavorare, ad eseguire e, a parte i prestiti o il mutuo, in economia più di là non sono andato. La mia impressione è questa i tempi che si è prefisso per raddrizzare, se così vogliamo dire, la barca, sono sicuramente brevi. Tre anni non sono granchè per risolvere problemi incancreniti. Sicuramente se i tradizionali politici stanno buoni, cosa che ritengo molto probabile, visto che il "Mario super Bross" sta levando loro le castagne dal fuoco, riuscirà nel suo intento. Da quel che ho capito è uno che non guarda in faccia a nessuno, sicuramente toccherà gli interessi di molte lobby, discutendone certo, ma chiedendo risultati concreti. E' impensabile cambiare il sistema in quattro e quattrotto. Pensiamo alla lotta alla criminalità organizzata, al cancro della corruzione di cui proprio in questi giorni si parla con insistenza e alla lotta all'evasione, che è ovviamente assieme alle altre due una delle maggiori priorità affinché il paese decolli economicamente. Senza quattrini e giustizia una nazione non va da nessuna parte. Come ho sempre sostenuto, trova urgenza la soluzione di altri problemi correlati quali, l'aumento degli stipendi, l'equità pensionistica, la riduzione delle tasse, l'educazione a lavorare in modo sinergico e non ultima la possibilità da parte dello Stato di promuovere, con iniziative concrete l'apertura di nuove ed efficienti ditte e l'impulso alla ricerca. Aggiungerei personalmente uno sguardo attento alla cultura e ai beni archeologici. Si sa per far ciò servono soldi e questi li versano nelle casse dello Stato, chi lavora e paga le tasse, è come un cane che si morde la coda, meno lavoratori e più evasione, meno crescita e maggior pericolo di soccombere o di passare nelle mani di imprese legate alle mafie. Pezzi di Stato lo sono già. Possiamo chiedere ad imprenditori e politici di fare pulizia all'interno?. Ritengo che costoro debbano ormai fare un esame di coscienza mettendo in discussione i pro e i contro di un sistema finora rivelatosi disastroso.

sabato 4 febbraio 2012

la cittadinanza è un diritto?

Non sono riuscito a leggere completamente  l'articolo sulla repubblica che parlava di cittadinanza agli stranieri.  I commenti e le chiacchiere lasciano il tempo che trovano. Dirò solo quello che ho sempre pensato e ho, in tempi non sospetti, anche messo nero su bianco. Lo ripeto ancora: cittadino italiano è, anzi dovrebbe essere,  non solo colui che nasce in Italia, a prescindere dal colore della  pelle o dalla forma dei suoi occhi, ma anche chi si impegna  per il bene della comunità. Mi conforta la statistica  letta da qualche parte. Nella stessa si dimostra come la produttività dei lavoratori immigrati sia superiore a quella di operai di etnia locale, sebbene vengano retribuiti con  una paga nettamente inferiore. Ma nella logica di potere e di arrogante pretesa di superiorità, questa è stata fino ad ora la normalità. Cosa ne consegue per il sistema economico italiano? Semplice che nei paesi abituati da anni all'immigrazione e in cui vi è una maggiore integrazione sociale degli immigrati e che basano il proprio sviluppo su una condivisa sinergia fra i vari componenti della società, la crescita economica sarà superiore alla nostra. Tutto qui, a noi la scelta.

italosuris

venerdì 3 febbraio 2012

l'unico posto fisso in Italia? : "il precariato".






Che serve preparare degli ottimi laureati se poi questi sono costretti ad andare all'estero? Le polemiche suscitate dalle dichiarazioni di Monti su quanto sia noioso un posto fisso, sono a parer mio solo parzialmente condivisibili. Si fa presto a fare un confronto con l'America, paese in cui il posto fisso non è mai esistito.
 Ma al di là dell'atlantico gli spazi sono enormi, ci si sposta da una regione ( Stato) all'altra con estrema facilità per cercare, anzi trovare, lavoro. Certo con la crisi non è più così e secondo me il modello americano non è da noi perseguibile, fintanto ci saranno caste, lobby, mafie e corruzione.

Un modello come quello americano sarebbe accettabile solo se la crescita personale e la ricerca di lavoro, fossero basate sulla meritocrazia e non tanto sul clientelismo. Se i raccomandati fossero messi in condizione di non dover essere ricattabili e se le imprese fossero esenti da ingerenze politiche. Stiamo probabilmente andando nella giusta direzione, ma è ancora presto.

 L'Europa non è ancora una realtà, le madri italiane non sono come quelle inglesi, i ragazzi non amano allontanarsi da casa. Il problema quindi è anche sociale oltre che politico. Il nepotismo imperversa, e le amministrazioni pubbliche sono piene di figli e nipoti che, anche se preparati, non hanno dovuto affrontare una seria selezione per occupare posti di un certo prestigio.

 Libero mercato non significa certo liberalizzare i posti nei call-cnter ma impegnarsi affinché sia data ad ognuno la possibilità di misurarsi con esso ad armi pari. Uno stato civile e democratico aiuta chi ha delle potenzialità, lo asseconda e ne sfrutta poi per la società, la preparazione e l'intelligenza. A che serve dare l'istruzione ai nostri giovani laureati se poi i migliori sono costretti ad andare all'estero? E perché mai le ditte devono appoggiarsi a politici per controllare il mercato? o gli imprenditori scendono in politica? Non si chiama questo conflitto d'interessi? e non si crea con ciò un sistema artefatto?

E' impensabile quindi finché il sistema non sarà cambiato pretendere un nuovo tipo di modello, anche perché molte  ditte vivono ancora con i soldi pubblici o, attraverso i politici, riescono a non pagare allo Stato quello che dovrebbero e, dovendo assecondare quindi richieste degli stessi, non sono libere di creare i presupposti di un mercato libero da forzature ed elastico.

 Bene quindi all'Europa unita, cambiamo pure il sistema previdenziale ma non giochiamo come al solito barando. Le regole in Europa devono essere eguali per tutti, sia economicamente, sia eticamente.


italo suris
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