sabato 3 novembre 2007

la giostra arruginita

Luna park all'idroscalo


03 novembre 2007


Oggi non so da dove incominciare, sono tante le cose che vorrei scrivere, tanti gli argomenti da affrontare, dalla solita cucina, un tema che tutti desiderano approfondire, con somma mia soddisfazione, a quelli della politica e della critica esistenziale. Ma sono al servizio dei miei lettori, per cui, senza restare sul filosofico, e pompose analisi psicologiche, avrei preferito parlare di cose più concrete, inerenti a soluzioni di piccoli problemi della giornata, attivando con alcune mie creazioni nuove idee o intuizioni. Ma alcuni fatti dolorosi mi costringono ad analizzare alcuni fattori comportamentali che caratterizzano la nostra società moderna.



Nulla infatti è più bello che stimolare la creatività, che come ho sempre sostenuto non è altro che imprenditoria ma anche economia, oppure salute e crescita o cultura. Tutto nasce dal bisogno di soddisfare la curiosità, prima fra tutte quella di misurare i propri limiti e le proprie capacità intellettuali e manuali. Siamo in fin dei conti ancora dei bambini, di cento o più chili, ma sempre degli esseri fragili e curiosi, che non trovano però più compagni con cui giocare e con il cuore ed il cervello annebbiati dalla fatica di vivere e dall'invidia o dai rancori.



Non si può giocare alla vita con chi non si perdona, e nemmeno con chi si finge d'amare, sono questi sentimenti molto forti che vanno coltivati e protetti, come gioielli da tramandare ai discendenti. Leggerezza d'animo e serenità aiutano a vivere meglio ad affrontare senza bisogno di droghe naturali o chimiche le prove che sembrano dure, ma che in fondo sono solo momenti normali di vita, una vita che sfugge dalle mani e che può interrompersi per propria volontà o per mano altrui.


Sono casi che si ripetono all'infinito come se fossimo in una giostra di un lunapark che gira vorticodsamente e pericolosamente senza che nessuno possa più gestire i meccanismi di fermo. Il pulsante dello stop non reagisce più ai comandi e la corrente alternata continua ad alimentare un motore impazzito collegato alla corona dentata di un alto traliccio arruginito, un totem di ferro che potrebbe bloccarsi per sempre all'improvviso, facendo sbalzare di colpo e con violenza gli inconsapevoli usufruitori di un attimo di felice spensieratezza.


Ed è la morte travestita con i panni di un giovane rumeno assatanato di sesso e forse di rancore e frustrazione, ma anche dall'invidia e dall'odio, quella che ha tagliato le catene del seggiolino su cui era seduta fino a ieri l'altro una ancor giovane donna, una moglie fedele, una signora che come tante sono passate nel momento sbagliato nel punto sbagliato. Dagli al rumeno, uccidili tutti, distruggi gli alloggi della disperazione, queste le grida che si odono nell'aria saturata dalle polveri sottili della vendetta.


Sono loro la morte che ghigna, il pericolo di una pace illusoria, cacciamo con essi la nostra paura, allontaniamo i diversi di cultura e di mente, di ideologica filosofia o di stato sociale. Eppure stranamente chi scappa spaventato dal nostro sistema di vita, è proprio la gente perbene fra quelli che sono venuti dai lontani paesi dell'est, quella che sente sulla pelle l'odio, l'indifferenza, il razzismo e la diffidenza continua. Quella parte di immigrati che vorrebberelmente integrarsi ed inserirsi onestamente in un contesto lavorativo, seppur difficile, ma necessario sia a loro sia a chi li ospita.


Resteranno probabilmente gli altri, quelli protetti dalle grosse organizzazioni criminali, quelli che vivono agiatamente con proventi della vendita dell'illegalità. Certo costoro avranno tutti i documenti in regola e i mezzi per poter tranquillamente sostenersi e creare dei paraventi, delle attività parallele, anche legali. Anche questi si travestono avvolgendo i loro corpi con il mantello scuro che ben conosciamo, coprendosi viso e occhi con un cappuccio che cela sì il volto ed il ghigno, ma lascia intravvedere la luce glaciale degli occhi attraversati da una sottile lamina di luce chiamata cinismo.


E' la stessa luce che un giovane liceale ha visto o ha pensato di vedere nello sguardo dei suoi compagni di classe, con i quali avrebbe voluto sedersi spensieratamente sugli sgabelli di ferro della giostra del modo scolastico. Sperava che la sua voglia di primeggiare gli portasse ammirazione e forse affetto e approvazione, era stato abituato fin dall'infanzia a dare senza mai chiedere, a sacrificarsi, senza pretendere, ad amare, sperando in un sorriso, o forse illudendosi di non essere ancora cacciato, deriso e allontanato per quella diversità chiamata bravura e dedizione, ma anche timidezza. Non c'è spazio per loro in questo luogo, in questo mondo di lupi.


Si è messo in lista per essere eletto rappresentante di classe, un compito al servizio di quella comunità che con disprezzo non lo ha degnato di un voto, di un benevolo sguardo. Ecco un'altro rumeno da caccire da questo paese, un povero rom di italica stirpe, di cui aver paura perchè sicuramente vincente, un ragazzo che ha sempre pensato più agli altri, senza "curarsi di lor". Già perchè proprio di loro avrebbe voluto prendersi cura.


Quanti ancora allontaneremo da noi?, quanti cacceremo definitivamente con sollievo da questa terra?Tanti perchè la morte è una fabbrica che non si fermerà mai e che farà in modo che prima o poi ci si ritrovi assieme seduti su seggiolini sospesi nel cielo, privi di agganci e di inutili catene che li colleghi provvisoriamente e precariamente a quella giostra dove solo i giusti potranno ridere con serena felicità.


Italo Surìs

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