giovedì 29 novembre 2007

A Gravina, la morte che cammina

29 novembre 2007

Sono due gli argomenti di cronaca nera che in questo periodo sono oggetto di particolare attenzione da parte dei media. Uno vecchissimo e che oggi ha preso una svolta forse definitiva, e quello del primo novembre relativo all’uccisione di Meredith, la studentessa inglese trovata morta nel suo appartamento a Perugia. Ma accenniamo alla novità di oggi, poi nel post successivo parleremo delle novità sull’omicidio a sfondo sessuale, che tanto intriga alla gente.


Ieri è stato condotto in carcere, in custodia cautelare, il padre dei due bambini scomparsi mesi addietro a Gravina in Puglia. E’ accusato di gravissimi reati; duplice omicidio, occultamento di cadavere, sequestro di persona. Prove ? per ora nessuna, solo indizi, e la testimonianza di un ragazzo che lo ha visto in piazza il giorno dell’omicidio mentre caricava in auto i figli???, Salvatore e Francesco tracce e sospetti che parrebbe bastino ad inchiodarlo alle proprie responsabilità.

Esistono fra l’altro intercettazioni telefoniche, che seppur non esplicitamente , fanno intuire cosa, come sia successo e chi possa essere a conoscenza diretta dell’ormai sicura uccisione dei suoi figlioli. Unico importante elemento da scoprire è il luogo della loro sparizione o dell’occultamento dei loro corpicini. Figli che il sospettato non riusciva a gestire, che controllava solo con la violenza, una violenza dettata da un sentimento di onnipotenza mista a falso orgoglio e ad un’ immensa immaturità di uomo e di padre.


Una violenza che ogni tanto compare d’incanto in questo mondo impazzito, che si nasconde sorniona fra le pieghe e le curve dei lobi del nostro cervello sempre più malato e indecifrabile. Chi conosce gli uomini profondamente sa che il bacio può essere avvelenato e una carezza tagliente mentre un sorriso potrebbe in realtà camuffare un ghigno misterioso e anche mortale, non era il caso dei due bambini, che avevano a loro spese imparato a conoscere il loro boia ed è per questo che si allontanavano dalla casa prigione cercando di starne alla larga il più possibile. Non volevano incontrare lo sguardo di colui che per legge era padre e per calore donava amorevole gelo.

Sono stati puniti e poi eliminati secondo l’accusa, il gip Giuseppe De Benedictis, perché avevano disubbidito alle disposizioni del padre , quelle di non allontanarsi da casa. Uccisi forse perché al ritorno dal lavoro, non erano stati trovati nell’ abitazione ma in piazza, dove lo stesso Giuseppe Pappalardi li aveva prelevati , sapendo di rintracciarli presso la fontana della piazza dove sapeva che andavano a giocare. E avendo notato che i vestiti della festa erano completamente bagnati,si suppone che si sia fatto cogliere da un violento attacco d’ira omicida. Io la conosco quell’ira, la leggi negli occhi, e non solo di chi sai ti odia, ma in parecchie iridi che dovrebbero essere magnifiche e sorridenti. E’ la morte figlia di un cinismo e dell’egoismo più abbietto, i sentimenti che caratterizzano ormai l’intera società, non solo italiana.

Ormai per lui non erano più dei figli, ma solo degli ingombranti esseri, solo cose di carne da tenere con se per indispettire e far soffrire l’ex moglie da cui si era separato. Una donna sicuramente anch’essa sofferente, alla quale non era stato concesso l’affido dei figli, sebbene gli stessi lo desiderassero, come pure chi li ha concepiti. Certo, strumenti di vendetta , come succede spesso nei divorzi in cui le coppie, per smisurato risentimento nei confronti di colui o colei che odiano, vedono nei figli, avuti assieme, l’immagine riflessa a di chi li ha generati in un rapporto che avrebbe dovuto essere d’amore. Semplice il ragionamento: facendo soffrire loro, faccio soffrire te, uccidendo loro, elimino per sempre dalla mia mente e dalla mia vita la tua ingombrante immagine di donna o uomo odioso e orgoglioso. Quanti figli non si trovano ormai più sebbene camminino o studino o lavorino. Ma in realtà non esistono più, vagano impauriti e disorientati in questo mondo; sono spariti silenziosamente nelle viscere di un baratro infernale da cui solo Dio li potrà salvare.

Italo Surìs

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