lunedì 6 agosto 2007

Due righe alle nuvole XVI^





06 agosto 2007



Lettera ad un bambino mai nato. Capitolo 16


Ecco solo questo è il buio che mi spaventa, un’eclisse di sole o di luna che può cogliermi in ogni momento della giornata, un buio angosciante che priva la vita del desiderio di esistere, di godere le sfaccettature della vita più belle ed intense, che, anche se solo in apparenza negative, possono essere accettate con un sorriso, coscienti che ogni problema può essere risolto. Ma la vera notte, quella temporale, che cala serenamente prendendo il posto del giorno, invitandolo garbatamente a farsi da parte a riposarsi per il turno che verrà, si comporta con il giorno stesso come fosse una madre. Una donna che copre con una coltre il figlio dormiente, dopo aver oscurato la stanza abbassando preziosi tendaggi velati. La notte la vedo proprio come una mamma premurosa che veglia su ciascuno di noi, osservando apprensiva il nostro volto disteso nella compostezza di un sonno sereno. Una giovane donna china con l’orecchio accostato alle labbra del figlio dormiente per sentirne il respiro ritmato ed impercettibile, e che ne sfiora la fronte imperniata di leggero sudore con delicati movimenti della mano. Una fanciulla, una sorella più che una madre, un’ amante più che una donna, che accarezza con tenerezza le guance rosate del bimbo appisolato. Una madre incestuos, che ama i figli di ambo i sessi, stringendoli a sé e avvolgendoli nell’oscurità con le sue tenebrose braccia. Amante premurosa che possiede amorevolmente la propria prole, incuneandosi e appropriandosi degli spazi liberi delle fanciulle e adagiandosi silenziosamente , sui bacini esposti di giovani ragazzi, vittime impotenti, nell’oblio del sonno, di Afrodite la dea greca dell’amore. Come nostalgica diventa la notte!. E’ un periodo della giornata che esalta o abbatte l’ umore. Un arco di ore che puoi vivere intensamente, sdraiato accanto alla tua donna, guardandola, poggiato su un fianco, mentre riposa serena con i capelli sciolti sul candido cuscino di seta. Osservandone il petto leggermente scoperto per i movimenti scomposti del torace, che si solleva con ritmicità adattandosi all’intensità e alla frequenza del respiro. E allora non vorresti più addormentarti, staresti lì per sempre a rimirarla alla fievole luce della luna che penetra attraverso la finestra della camera. Lasciata leggermente socchiusa, per arieggiare l’ambiente in un’afosa giornata d’estate. Già com’è bella una donna nel sonno, soprattutto se dorme libera da ogni indumento, priva di ogni costrizione che ne mortificherebbe il corpo, che sciuperebbe un capolavoro Michelangiolesco, una pietà, una venere di carne di folgorante bellezza. Resteresti veglio fino all’alba scrutandone il viso, compiacendoti meravigliandoti del sorriso che compare sempre sul volto degli angeli. Sai che baceresti delicatamente il suo seno lasciato libero al tuo sguardo, dalla impercettibile stoffa della corta sottoveste. Lo faresti con la delicatezza e la leggerezza, che useresti per accarezzare il capo di un neonato. Un gesto impercettibile, per non svegliarla, per non rompere l’incanto, per non rischiare di interrompere i suoi pensieri che immagini fiabeschi.



alla prossima puntata






Italo Surìs





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