sabato 29 settembre 2007

Ma fatemi la precarietà!!



Il Clochard

30 settembre 2007


Mi sono avvicinato alla coppia di colleghi che attendevano d’iniziare il lavoro, seduti comodamente su alcune sedie nell’atrio. In anticipo sull’orario, si erano concessi una breve pausa. Mi avvicino e li saluto:” ciao fannulloni, non avete proprio nulla da fare?”. La solita domanda idiota!. Mi era scivolata dalla bocca, come se la mente seguisse istintivamente e passivamente un meccanismo improprio, evitando un logico pensiero e scegliendo una prassi consolidata; quella di parlare prima di pensare. Ma ormai era fatta!, non si poteva più tornare indietro.


Quante cose si fanno meccanicamente senza rendersene conto nella vita, quante se ne dicono, gonfiandosi il petto o sollevandosi con arroganza sulla punta dei piedi. E logica, come altrettanto banale è arrivata la risposta! “ Eh ti va bene a te altrochè”. Porca miseria in che pasticcio mi sono ficcato, un botta e risposta di insulsaggini che ovviamente sarebbero continuate fintanto che non me ne fossi andato. "A dir la verità a me non va proprio bene", ho detto, "sono il meno ricco di tutti qua dentro. Anche di lei", indicando con l’indice proteso, l’ultima arrivata.


Una nuova graziosa collega che ha appena iniziato la nuova esperienza lavorativa, presso l’istituto, in qualità di tecnico. Ho notato nel suo volto una strana ombra di tristezza, la paura forse di un futuro incerto, ma continuo il discorso. "Lei almeno non è sposata, non ha figli all’università e tanto meno deve pagarsi un mutuo. Lo stipendio poi è lo stesso nonostante gli anni di differenza, non anagrafici, ma lavorativi". Non mi attendevo una risposta come quella che ho avuto.


Ecco tutti mi dicono così, ma io sono precaria e quello che prendo devo conservarlo per il futuro, se vorrò avere figli, farmi famiglia e come voi, anche una casa!" Ma il precariato per lei, entrata nella scuola, è rappresentato da un lavoro perlomeno annuale. Un periodo lavorativo che col turnover degli anziani, si trasformerà quasi sicuramente, in un prossimo futuro, in rapporto continuativo. Ed è quello che le ho poi detto. Ah, se solo sapesse che nella scuola mi sono licenziato dopo tre anni, appena entrato in ruolo come bidello.


L’ho fatto per passare nella fascia superiore come tecnico informatico, in un periodo sfigato. Proprio durante i pochi mesi in cui era cambiata la legge che permetteva a coloro che avessero voluto migliorare la loro posizione, di mettersi in aspettativa. Ecco quindi che rientravo, dopo sette anni di lavoro instabile, nella precarietà. Altri cinque anni a tempo determinato e poi, a due o tre anni dalla pensione, mi ritrovo finalmente assunto a tempo indeterminato. Giusto in tempo per perdere un po’ di quattrini per via di un calcolo della buonuscita un po’ inusuale nel resto del mondo lavorativo.


Ecco che dopo tredici anni di lavoro nella pubblica istruzione e altri ventiquattro nel privato, mi ritrovo nella busta paga né più né meno la stessa cifra di quella giovane ragazza. Ma al di là di ciò, non è che dal punto di vista di stabilità lavorativa, le mie esperienze nel settore privato siano state molto migliori. Ho schivato, cambiando ditta, ben cinque fra fallimenti e riduzione d’organico. Come tipologia di lavoro ho fatto, anche se per brevissimi tempi, dall’operaio al tappezziere, all’aiuto magazziniere, al rappresentante, al designer.


Sono passato da assistente a capocantiere, al venditore e a bidello, ma anche informatico, intermediario e consulente finanziario, agente immobiliare e, aiutando mia moglie , come secondo o terzo lavoro, anche tecnico d’infortunistica stradale oltre che rappresentante di vari prodotti , procacciatore per varie ditte e venditore di travi lamellari. Non si contano gli trasferimenti in sedi e zone del settentrione. Una decina!! Ma non è detto che sia finita, chissà cosa questo o altri governi mi riserveranno in futuro prima di compiere i miei sessant'anni.


E’ questo uno spaccato della mia vita, steso in pochissime righe, trentasette anni di lavoro in un foglio formato A4. Un concentrato di sentimenti contrastanti. Che vanno dalla rabbia alla disperazione, dall’insicurezza al coraggio. Emozioni nascoste fra le righe di questo scritto. Che l’abbia fatto per vantarmi?. Purtroppo non c’è proprio nulla di cui vantarsi nella vita , anzi!. Forse allora per trasmettere dei messaggi? Ecco , questo sì. Dire come è la vita è un obbligo delle vecchie generazioni, trasmettere le proprie esperienze può essere d’aiuto per meglio capire. Ma c’è ancora gente che vuole ascoltare e valutare con serietà ciò che si dice nel bene e nel male? Pochi ritengo, solo quelli più umili, coloro che sanno trarre dalle esperienze altrui, stimoli e informazioni necessarie per affrontare il futuro con maggior serenità.


E voi mi chiederete o vi interrogherete sul motivo per cui questo vecchio bacucco venga a mettere in piazza i fatti personali. Ma sono realmente solo fatti miei? Oppure in una comunità sana i problemi di uno devono interessare anche gli altri, solo quando si tratta di disprezzare o schernire?Bene, il libro è aperto, ognuno legga fra le righe ciò che più gli fa comodo, non sono più fatti che mi riguardano. Non ho problemi nel mettere in piazza la mia esistenza, sono un uomo e non voglio sembrare che tale! Ma una cosa è certa, ciò che intendo dire in questo mio piccolo testamento di ex lavoratore è quello che ho riferito stamattina alla ragazza, e che anche alcuni economisti hanno affermato.


E’ ciò che con il racconto del mio trascorso lavorativo, ho cercato di farvi capire. La precarietà è sempre esistita perché è la vita stessa un’ illusione di sicurezza. In essa non potrà mai esserci certezza, né di continuità di lavoro, né tantomeno di salute o della stessa esistenza, in questo mondo. Esiste appunto solo l’ opportunità di cambiare, di mutare continuamente come un camaleonte, adattandosi alle esigenze che la vita stessa richiede. Solo questa continua metamorfosi creerà i presupposti di una sicurezza pressoché totale, quella interiore e personale. Questa non esiste, come ho già detto, solo per coloro che non vogliono crescere, per chi non scommette nemmeno su sé stesso e sul proprio futuro.


Non c’è per chi non si fida delle proprie capacità intellettuali ed operative, per colui che ha paura e disistima di sé. “Ma va all’estero, cercati un altro lavoro, corri e non fermarti!.” Ecco cosa ho gridato alla ragazza, che pensa di essere precaria e non lo sarà forse mai . Ognuno, dicevo tanti anni fa a mia moglie Rosa, è imprenditore di sé stesso e come tale si deve comportare. Unici limiti?, quelli caratteriali, le problematiche psicologiche che pur si possono imbrigliare e controllare. E anche così si può ancora vincere diventando, proprio come il paraplegico australiano che ha vinto una corsa di velocità il migliore, uno veramente speciale! Sì manca solo il lavoro in Italia e l’opportunità di usufruire di ammortizzatori sociali che pur la legge Biagi aveva previsto.

Esiste invece un diffuso precariato, di cui il governo precedente , ne ha fatto cinicamente uno strumento di ulteriore guadagno, con lo sporco gioco delle tre carte. Oggi lavori un po’ tu , domani il tuo amico. Lavorate sì tutti, ma a mezza pensione!, se così si può dire. Con questo piccolo giochetto e sulla pelle degli ingenui che ci credono, sono sempre gli stessi che guadagnano. Le agenzie interinali e gli imprenditori, i commercianti e le banche ma anche i politici che fanno credere sia aumentato il numero di occupati. Se poi in Italia fra poco saranno tutti precari, tanto meglio, più gente ha paura e si scanna per un pezzo di pane, più è facile giocare al ribasso , mentre il pane, quello reale, aumenta di prezzo.


Una pastoia in cui tutti i maiali mangiano fino a farsi scoppiare le budella!. Correre velocemente, liberarsi da inutili zavorre, galoppare verso il futuro, liberi da balzelli, da legacci inutili, tagliando i rami secchi. E’ quello che vogliono le imprese per sé stessi, ma che esigono che il lavoratore non abbia. Hanno creato un motore a due tempi, mentre il resto del mondo ha scoperto il reattore nucleare! Un motore il nostro che badate ha le valvole che battono in testa, rappresentate da un governo impossibilitato a reagire e a governare. Che va a gasolio come rendimento e velocità di risposta, rispetto alle reali richieste dei cittadini. E’ un carburante che costa come la super, anzi il doppio e rende di meno. Sì l’Italia è un’auto malcarburata, con troppi passeggeri a bordo, l’autista senza patente ed un serbatoio bucato.


Non c’è altro da aggiungere, se ne sono accorti pure gli extracomunitari, quelli che hanno voglia di lavorare, cambiano aria, nazione in cui operare. Gli altri incominciano a scioperare, sostituiti poi dai precari. Ma nonostante tutto, qualcuno resta nel nostro paese. Sono due categorie di persone: gli spacciatori i criminali con i poveri e coloro che la droga l’assumono sotto forma di stupefacente o di potere. Costoro sono gli unici che non hanno nulla da dire e da dare, e moriranno abbracciati, soffocati da uno stivale che affonda sempre di più nella melma della miseria. Finché non si troverà la forza di modificare il sistema, sostituendo perlomeno, le valvole difettate di quel motore che sbuffa scompostamente.


Aspetto invano che, come in Birmania, anche da noi incomincino a sfilare in silenzio, con il capo chino e l’abito talare, centinaia e migliaia di clerici e prelati. Per dimostrare che sono con il popolo, per dar manforte anche ai politici seri, a chi vuole un cambiamento coerente, a chi desidera un precariato reale supportato da meccanismi che permettano un continuo motivo di crescita , di guadagno e di cambiamento. Allora sì il precariato da grave problema, potrà diventare un’opportunità di crescita personale. Ma se i preti dovessero essere i primi a raccomandare ad inserire in banca, in politica o in ospedale, per amor di carità, l’ipocrita credente, sarà sicuramente più difficile per tutti trovare pace.



Italo Surìs

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