giovedì 27 settembre 2007

Due righe alle nuvole XVIII^






27 settembre 2007


Lettera ad un bambino mai nato. Capitolo 18


Una distensione dovuta al rumore leggero delle ali che solcano il cielo, volo di silenziosi gabbiani che planano sulla superficie di questa distesa, alla ricerca di residui di cibo. Anch’essi con l’esigenza di sopperire al vuoto del corpo e dell’anima, loro pure desiderosi di un pò di felicità. Come quella che provo, una gioia che derivi dal contatto con due riccioli biondi, da quello con una piccola protuberanza fra i monti, minuscola roccia sensibile, da toccare con delicatezza.
Un piccolissimo punto in rilievo da accarezzare con le piume, per poter far fremere o eccitare il corpo intero, tanto è sensibile al tatto. Una fessura vulcanica sempre in eruzione, la zona più calda del promontorio che si erge alto e magnifico sulla superficie marina. Ecco sì la visione è quella di un fiordo un fiordo verdeggiante e selvaggio di irraggiungibili paesi del nord. Scoscese coste norvegesi, in cui il mare si incunea, sbattendo con violenza fra le rocce della base, le sue onde nervose, come se chiedesse insistentemente d’entrare , ne implorasse il permesso, incuneandosi fra due faraglioni laterali, alti e affascinanti, verdeggianti e profumati di fiore e del muschio della natura, di alghe e di acqua salmastra.
Apriti fiordo, fai ancorare per tutta la notte la mia nave, lasciala lì per sempre protetta dalle rocce marine, montagne di profondo godimento. Non si può pensare a tutto ciò senza essere assaliti dal desiderio improvviso di impossessarsi del corpo della propria donna, anche dormiente, con amore, allargandole con delicatezza le cosce già scomposte nel sonno e penetrandola in modo indolore, scuotendola dal torpore col ritmo frenetico e accelerato della danza dei fianchi. So che un sorriso apparirebbe immanchevolmente sul tuo volto assopito, mentre gli occhi rimarrebbero furbescamente socchiusi, per assaporare il clima di un compiacente ed intrigante forma di nuovo piacere, immobile fino al mattino per non smarrire la strada che porta al godimento.
So cosa pensi, lo leggo sul tuo volto, mirando il sorriso che scorgo dietro le tue palpebre traslucide, rischiarate più che dalla luce esterna proveniente dai fori nella parete e ingentiliti da delle tendine di leggerissima e candeggiante tela di cotone, da quella luce interiore che deriva da un sottile piacere che pervade la tua mente. E’ la risposta che avrei desiderato tanto sentire dalle tue labbra, se tu fossi stata completamente desta. “Resta nel mio porto o marinaio, accomodati pure fra le banchine, ancòra per sempre la tua barca, il tuo catamarano, il tuo potente scafo d’altura, ogni natante è ben accetto, purché areni per sempre la sua chiglia nei miei fondali di carne, fra le mie reni”.
Ecco nel dormiveglia, cosa sicuramente bisbigliano con movimenti impercettibili, le sue meravigliose labbra sorridenti, come sorridenti dovrebbero, immagino, essere anche i tuoi occhi se non fossero pudicamente celati al mio sguardo, dalle palpebre abbassate, dalle quali però traspare un senso di benessere , di appagamento, di felicità. Palpebre rosa dalle lunghe ciglia maledettamente belle, maledettamente scure. Lembi rosati, ma non per il colore della pelle, no, quanto per la luce interiore che fuoriesce attraverso lo spessore della stessa, una luce che viene direttamente dal cuore e che due magnifiche tende, seppure abbassate, non riescono completamente a celare.


Alla prossima puntata



Italo Surìs


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