venerdì 12 ottobre 2007

la via del lamellare II^


Progetto della ditta francese RDB, di tennis singolo, proposto come "chiavi in mano" dallo scrivente, nel lontano 1986. Si noti come nei professionisti del luogo, fosse radicato il concetto d'integrazione nella natura del manufatto sportivo. Lo dimostrano la struttura completamente in legno, la copertura leggera e autoportante ed il colore della stessa. Completavano il tutto l'impostazione e la realizzazione di impianti energetici innovativi: lampade radianti a gas, che in Italia vendeva allora solo la Fraccari di Vicenza. Un progetto similare è stato realizzato in Friuli.




12 ottobre 2007

In viaggio verso la foresta nera 3

In Francia a Cernay, nell’abitazione dei proprietari della fabbrica di lamellare in cui ero ospitato, ai confini della foresta nera, ad appena dieci chilometri dal confine tedesco, e suppongo in ogni altra abitazione era usato il cosiddetto riscaldamento a pavimento. Questa tipologia permetteva di scaldare l’intera superficie dell’abitazione, non con serpentine ad acqua calda, poste sotto il massello del pavimento in legno o in piastrelle, ma da resistenze elettriche, ben isolate che surriscaldandosi avrebbero portato il pavimento stesso, ad una temperatura ideale.


Una temperatura che si aggira attorno ai venticinque gradi, ri9scaldando l’ambiente in modo diverso, come diversa era la percezione del calore emanato. Un calore ben distribuito e asciutto emesso da un corpo irradiante, una stufetta elettrica enorme, costituita da una superficie vasta quanto appunto quella calpestabile. Era un calore che ovviamente non interessava tutta la volumetria dell’intero edificio, proprio perché proveniente dal basso, ma si bloccava ad altezza d’uomo. Iniziai allora ad interessarmi oltre al lamellare, anche della commercializzazione di quelle che ora vengono definite abitazioni biocompatibili.

Edifici in cui il legno rappresentava il materiale principe, quello usato nel novanta per cento dell’edificio, per la costruzione sia della struttura portante, sia delle pareti divisorie, sia dei pavimenti e ovviamente anche dei serramenti. I tetti sempre in legno, erano già allora ventilati. Questa tipologia costruttiva permettere infatti l’eliminazione dell’umidità in inverno e di rinfrescare il sottotetto d’estate. Ma vi sono dei canoni ben precisi perché ciò avvenga il primo dei quali è lo spazio che permette all’aria di circolare. In Italia si fanno tetti ventilati con tavolate separato da assiti di appena cinque centimetri.


Ne consegue che lo spazio ottenuto non permette all’aria di circolare in maniera uniforme e di raggiungere e interessare tutta la falda. E’ in poche parole una spesa quasi inutile. Importante è anche l’isolamento che all’estero supera di gran lunga gli spessori fin’ora usati nell’edilizia nostrana. Si va dai 15 cm. In su fino ai 30 e anche oltre. Incomincio a vedere dei cappotti fatti con materiale isolante di questo spessore e me ne compiaccio. Era ora.! Ripeto, rimasi stupito il giorno del mio arrivo presso l’abitazione di chi mi ospitava. Per me che entravo per la prima volta in inverno in ambienti simili, tutto mi sembrava diverso.


Il calore era uniforme, era come si vivesse in un ambiente asciutto e caldo quel tanto che bastava. D’altronde i Francesi e ancor più quelli che vivevano presso Strasburgo, erano nei nostri confronti tecnologicamente più avanzati di quasi trent’anni. Le strade, anche quelle che noi chiamiamo provinciali, erano larghissime ed il traffico quasi inesistente. Lungo questi rettilinei di asfalto, anch’esso diverso dal nostro, sorgevano dei supermercati enormi in cui si poteva trovare di tutto, dallo spillo al cibo, ma anche alle automobili e ai ricambi delle stesse. Enormi spazi commerciali che ho saputo nel tempo ristrutturati e cambiati di destinazione. Ma non dilunghiamoci oltre e torniamo al panorama incantevole che la Svizzera ha riservato ai miei occhi, durante un ulteriore viaggio, in cui per cambiare, ho deciso di fare un nuovo percorso, più lungo è vero, ma anche più affascinante e stuzzicante, non privo di sorprese e non tutte piacevoli.



Italo Surìs

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