sabato 31 marzo 2007

Un topo con gli sci




30 marzo 2007

Ciao a tutti, il mio vero nome è Mario. Il mio pseudonimo Sùris, non è altro che il modo di chiamare un piccolo topo in dialetto Clautano. Era il soprannome di mio suocero, un caro uomo dolcissimo e minuto, un grande lavoratore, che nella sua vita non ha conosciuto altro che tribolazioni, sofferenza e stenti. Durante la guerra è sfuggito per un pelo ai carcerieri tedeschi mentre lo trasportavano in Germania. Era stato preso perchè ritenuto partigiano. Per lo stesso motivo, una spia italiana che, riunita la gente nella vicina osteria, aveva promesso loro che presto sarebbero stati meglio, dovendo arrivare un aiuto inaspettato da lì a poco, scomparve un bel giorno e dalle montagne del bellunese, con le corde, si calarono dalle rocce le SS tedesche. I Mucs, come erano chiamati da quelli del posto, fecero ogni sorta di razzia, maltrattarono, arrestarono, portarono via le vacche, bruciarono case e la sua assieme ad altre! E lui con i fratelli la ricostruirono, pietra su pietra, sasso su sasso scavando le rocce nella montagna, tagliando gli alberi, costruendo porte e finestre, scale in legno e pavimenti in cemento, e rincominciando daccapo fino all'arrivo di altri predatori; italiani quest'ultimi!. I partigiani, che scendendo anch'essi dai monti, in cambio di una ricevuta di carta straccia rilasciata da un fantomatico comandante,portavano via formaggio, latte, galline. La vacca no!, la lasciarono per una volta abbandonata in un prato in mezzo ad una valle.Infilato in un corno un biglietto con su scritto: "Daghe da magnar a stà povera bestia!", che poi tradotto non significa altro che: non vedi che è magra? Eh sì era troppo magra, tutta pelle ed ossa, e non avrebbe sfamato nessuno. Il suo mestiere ( del suocero, non della vacca ), era quello del boscaiolo, partiva di giorno al mattino e tornava di notte, sfatto dalla fatica. Nello stomaco, solo due fette di polenta, cotta al momento, nel paiolo che non mancava mai e unpezzettino di formaggio. Ogni tanto il lusso di un pezzo di salame. Famiglia di boscaioli e di montanari , quella di mia moglie. In inverno con gli sci , ancorati agli scarponi con una cinghia di cuoio, Gigi, questo il suo nome, percorreva le valli innevate, a raccogliere legna per casa. Oppure con i ramponi di ferro, si inerpicava sul monte toc, quello famoso del Vajont, a caccia di stambecchi affamati. La sera davanti al fuoco crepitante, lavorava con lama affilata un pezzo di legno appena abbozzato per tirarne fuori come per magia un savelon, un grosso cucchiaio. Le donne vestite di nero ricamavano sedute su sedili di paglia i scarpet, scarpette in velluto, in genere nero, abilmente ricamate ed impreziosite nella parte superiore dal fiore dei monti per eccellenza; " la stella alpina!. Nelle stanze ghiacciate, lontano dal fuoco, si stringevano pensierose le donne di casa, facendo una maglia, rattoppando uno strappo, ricucendo con un uovo di legno una calza di lana di quelle che la vecchia di casa, riusciva a fare abilmente con tre ferri. Il più saggio in casa , il capofamiglia, accovacciato in silenzio su un basso sgabello, intrecciava con mano sapienti i vimini secchi di ambo i colori, bruni o o del candor del legno scorticato.. El sest si formava al passar delle ore, prendendo la forma di un fiore di giunchi. Un'opera sapiente tenuta da intrecci di vincs, battuti da un ferro e bordata con nastri di legno anch'esso raccolto lassù fra i bei monti. Ai primi sentori di un tiepidi giorni, l'intera famiglia si avviava sui monti per far pascolare le bestie di casa. Tornavano la sera dopo che gli uomini falciata l'erba l'avevano distribuita con i rastrelli anch'essi in legno ad asciugare lungo i pandii. Le donne caricate le enormi gerle sulla schiena ingobbita, di foraggio o legna avevano percorso più di una volta i sentieri pericolosi che conducevano a valle,per portarla a cjase. Le bambine soffiavano ridendo sui fiori di tarassaco, facendo volare gli impalpabili pistilli e contemporaneamente, raccoglievano le viole e le margherite abbondanti nei prati. Si divertivano veramente con poco, scivolando ridenti sull'erba, con un precario slittino creato ad hoc con un rigido cartone incurvato, oppure correndo e trascinando con colpetti di un bastoncino, il copertone consunto di una vecchia dueruote. Gigi suris, lo ricordo nervoso, mentre mungeva le due vacche nella stalla adiacente, o mentre preparava, come sua abitudine, la polenta bianca al fuoco della stufa a legna tenuto costantemente in vita dalla sua pazienza.La tagliava sapientemente, dopo averla capovolta e ben distribuita su un tagliere di faggio, da lui stesso realizzato, con un filo di spago sottile. Era ancora viva in loro la conoscenza dell'arte di lavorare i prodotti del latte. Facevano sapientemente burro, formaggi e ricotte. Mio suocero, un uomo paziente e generoso, che lasciò la famiglia per prestare la sua esperienza di taglialegna ai cugini Francesi, nei boschi di quercia d'oltralpe, tornando alla dimora più povero di quando era partito.
E sotto la foto comparsa su un calendario del 2001, una dicitura in Clautano, descrive con poche e belle parole il suo lavoro!:
" Lis mans dal cestàr e metin dongje margaritis di vencs "
Questo Blog l'ho dedico a lui, sempre vivo nei nostri cuori!

Ciao Gigi!

Italo Sùris































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