martedì 20 marzo 2007

Neve, candore d'un tempo



20 marzo 2007

Coloro a cui dovessero piacere le vecchie foto, troveranno questo gruppo d'immagini molto simpatico. Non so di che anno siano, in ogni modo i protagonisti sono mia sorella ed io. Si abitava, attorno agli anni cinquanta, in provincia di Udine e dovremmo aver avuto tre o quatto anni. Non siamo gemelli, ci separano dieci mesi, ma è come se lo fossimo stati!. Abitavamo in un' umida casa di contadini, la stufa era di quelle a legna. Il tavolo centrale della cucina, in legno laccato di un bianco panna, era costantemente ricoperto da una tovaglia a quadri, forse un'incerata come si diceva allora. Erano gli anni del dopoguerra ed il cibo non era abbondante. La neve in inverno invece lo era e cadeva in grande quantità. L'effetto serra non si sapeva neppure cosa fosse! Giocavamo come si poteva anche in inverno, al freddo, all'aperto e le guance diventavano rosse mentre le dita si gelavano per la bassa temperatura, sebbene si usassero guanti di lana. Quei guanti fatti in casa ai ferri, pazientemente e sapientemente da mia mamma, con la lana che ricavava da qualche maglione dismesso. Ci si rotolava come tutti i bambini felici nella candida neve. Non era sporca di smog, anzi la succhiavamo dopo averla raccolta e compressa fra le mani, formando un sorbetto improvvisato. Il fiume livenza scorreva placido e tenebroso a due passi, le cassie ci separavano dalle rive infide, mentre noi ci rincorravamo felici sulla terra ghiacciata.. Scarponi in cuoio rigido, proteggevano i piedi inguainati in pesanti calzettoni, anch'essi di manufattura artigianale. Sciarpe e cappelli che spesso volavano nell'aria , avrebbero dovuto salvaguardare il capo e la bocca dal vento che di tanto in tanto ci veniva a rincorrere. Altri tempi!.La polenta calda o il semolino attendevano pazienti il nostro ritorno. Quaderni sgualciti, unti e macchiati, aspettavano anch'essi, sull'unica tavola che fungeva, per tutti, anche da scrittoio. La luce fioca fendeva le barre della piccola finestra alle spalle, il fuoco nella stufa di ghisa fingeva di scaldare l'ambiente, mentre s'udiva dalla stalla vicina il muggito di sollievo delle vacche appena munte, diligentemente, dallo zio che chiamevamo " bobò"( da bue). Il latte rigonfio di panna montata, secreto violentamente dal loro corpo generoso, ci veniva fornito di prima mattina, per saziare con dure gallette, la fame infantile. A volte, ricordo, parlando incuriosito di continuo, osservavo stupito il miracolo delle dita del vecchio che, scivolando veloci, strizzavano alternativamente le gonfie mammelle. Il latte riempiva quasi al completo, un secchio di latta posto al di sotto, mentre la mucca inpaziente attendeva.
Italo Sùris

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