venerdì 9 marzo 2007

Un letto di pietra


09 marzo 2007

Non sono qui come rappresentante di pompe funebri!......Scusate la prefazione, voleva essere un modo per alleggerire il tema dell'argomento triste di oggi. Tutto purtroppo è avvenuto questa mattina, andando al lavoro.
Lungi da me le iettature, non scambiatemi per malinconico e pessimista proprio ora che mi sorride la vita, no!. Il fatto è che questa mattina sono stato scosso da quell’epigrafe passatami sotto gli occhi. Annunciava la morte di una donna bionda, giovane e bella!
Gli occhi celesti esprimevano gioia, il volto quella serenità di chi si attende di vivere felicemente a lungo assieme ai propri cari. Aveva appena trentasei anni e il male l’ha portata con sé, lontano dagli affetti, dal lavoro,…da tutti noi.

Si dico da noi, perché la scomparsa di qualcuno corrisponde ad un pezzo della società che svanisce, un piccolo atomo dell’universo che si sgretola, si frantuma, scompare nel nulla.
“Una mimosa per sempre”; due parole nemmeno in rima , ho vergato sul foglio virtuale di questo blog questa mattina per ricordarla, tanto ne sono stato colpito.

Eppure, ho imparato ad accettare la sofferenza, a farla mia, a renderla parte integrante della mia esistenza, per non cadere, per non dovermi continuamente risollevare dalla polvere della delusione. Ho immaginato il mio essere divorato dai vermi, uno scheletro putrescente in stato di decomposizione: tutto ciò per sentirmi uomo, mortale comune, per accettare la fine, serenamente. Ho dovuto imparare a ragionare in questi termini per gustare ogni momento della vita con la stessa positiva intensità di chi incomincia ad assaporare appieno la propria esistenza.
Si l’accettazione di tutto questo porta alla serenità, sebbene ciò possa sembrare strano. I momenti felici nella vita,non sono molti e quei pochi, il più delle volte non sono altro che delle illusioni! Ma si sa pensiamo di vivere in eterno, e quando i nostri cari non ci sono più , non riusciamo, quasi bambini immaturi ad accettarne il distacco, perpetrando con essi, attraverso alcune forme di ritualità, una continuità dolorosa. Ecco allora nascere attorno alla sofferenza, nuove forme di spregiudicato guadagno. Fiori, trasporti, tumulazioni, epigrafi, marmi , loculi, tasse, luci, messe solenni. Questi sono gli elementi di cui ci si sente di doversi far carico, pena un grosso senso di colpa. L’identificazione fra il monumento funebre e la nostra sofferenza, si traduce alle volte in spese rilevanti, se non impossibili da sostenere. Anche in questo frangente si cerca il massimo.
Nascono da questa atavica esigenza, delle cose meravigliose. Famosi monumenti funebri, cimiteri grandi come città. Architetti e disegnatori si sbizzarriscono. Celebre in tal senso, il monumento funebre dell’architetto Carlo Scarpa, a San Vito vicino ad Asolo. Anche a mia madre ho inteso dimostrare il mio affetto, per lei ho voluto qualcosa di speciale, di unico nell’idolatria dell’amore. Qualcosa che trasmettesse un messaggio forte, anche se senza un reale senso pratico.
Più che dalla mia anima inquieta, che dalla mia penna, si è concretizzata la figura che di seguito descrivo, mentre la mia mente recitava: “Coperta dalla terra da cui sei venuta, protetta da abiti marmorei, che come nell’antico Egitto raccontassero tutto di te madre!, la lancetta dell’orologio della vita che si ferma a tre quarti, troppo presto!, le stoffe della tunica di nostro Signore proteggono il tuo corpo dal gelo, le braccia spalancate finalmente ad accoglierti in quell’abbraccio che mai hai avuto nella tua infanzia. Gradinate marmoree conducono allo spazio chiaro dell’anfiteatro, in cui, per tutta la vita, hai recitato da protagonista.!”

…..Ecco nel disegno, traslato il mio pensiero!!

Per le mamme che riposano nei verdeggianti prati della pietà Divina.

Italo Sùris

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