giovedì 22 marzo 2007

Lamelè colè

28 febbraio 2007

un pò di Cernay.

Non conoscevo il legno lammellare prima del 1987, non ne avevo mai sentito parlare, nè tantomeno lo avevo visto. Il primo contatto con questo tipo di affascinante struttura, lo ebbi quando, lasciato il lavoro di assistente tecnico per una ditta di telefonia, e volendo intraprendere una nuova professione che mi gratificasse economicamente e professionalmente, presi contatto con una cugina di mia moglie Rosa. Lei, ingegnere come il marito aveva aperto in francia e più precisamente in Alsazia a Cernay, una piccola fabbrichetta di travi lamellari. In francese lamelè colè ( lamelle incollate). Il paesino era grazioso, in una regione, l'Alsazia appunto, che ricorda molto da vicino il nostro Friuli. Colline, strade strette, case in pietra e piccole piazze, ove nei negozi di panetteria, graziose ragazze vendevano i filoni ancora caldi di baghette, che protetti a malapena da un foglio di carta velina, la si trasportava sottobraccio. Si mangiava divinamente bene nelle trattorie locali!.I Piatti erano composti da affettati e carne di maiale affumicato con crauti e patate saltate mentre grossi wurstel, anch'essi affumicati, completavano la razione. Il tutto veniva annaffiato da abbondanti quantità di birra locale. Anche il traminer d'alsazia dal retrogusto fruttato, si sposava in modo perfetto alla tipologia delle pietanze. Le case molto antiche, anche del 1300, sembravano quelle che si vedono disegnate nei fumetti di Asterix, alte, imponenti, con i tetti mansardati e le coperture in scaglie d'ardesia. La struttura portante delle stesse era costituita da vecchie travi di legno di quercia, scurite dal tempo, residuo ricordo della vicina foresta nera, ormai quasi scomparsa. Le facciate delle vecchie abitazioni, erano mal intonacate fra i tronchi piallati ed incastrati a forma di croce fra loro. Mi ricordo che le finestre erano grandi, luminose, i vetri vecchi e di fattura antica, facevano intravvedere le tendine di merletto candide. La gente si muoveva veloce nelle strade, unico turista per lavoro ero io. Osservavo divertito le scene che si svolgevano per strada, sui marciapiedi, all'edicole. Donne ed uomini camminavano frettolosamente e con un sorriso sulle labbra, sempre visto sul volto dei francesi, si salutavano con un cortese: " bonjour madame Xavier , sa và ? très bien monsieur Fabre e Vous?"; Tutto il mondo è paese, dicevo fra me e me, a mia volta, sorridendo divertito, prima d'entrare in un vecchio caffè a gustarmi un calda brioche avec le café au lait. Nel locale, in cui il tempo sembrava si fosse fermato al 1800 ed uscisse da un quadro di Manet, tutto era fermo, anche il cameriere. Il quale dietro l'alto bancone di legno, pareva si muovesse con gesti studiati, mentre lucidava con movimenti distratti i rubinetti in ottone da cui spillava la birra. Pensierosi clienti ingurgitavano veloci da capienti boccali, il liquido gassoso, da cui sapientemente l'oste, con mano decisa, aveva raschiato con una lama in acciaio, la schiuma in esubero. Su una parete era appeso un enorme specchio bordato da una spessa cornice di legno. Il vetro, le cui cui parti scrostate evidenziavano il muro ammuffito sottostante, era anch'esso opaco. Su altre pareti, quadri vetusti più che antichi, rappresentavano paesaggi montani e scorci di laghi di valli vicine. I colori non certo vivaci, rendevano, ricordo assai tristi gli stessi. Non erano sicuramente quadri d'autore e questo lo si poteva tranquillamente notare, anzi probabilmente altro non erano, che un regalo imposto da qualche parente. La porta del cesso in legno dalla vernice scrostata, si riconosceva a vista, dalla silouette di donna incisa su una targhetta di vetro bordato di rosso. Io seduto su un alto sgabello, con una gamba penzolante da un lato , un gomito poggiato al bancone, ruotavo la testa per gustare la vista d'insieme, che sicuramente mai più avrei rivisto!. Un avventore, seduto ad un tavolino nell'angolo, fumava con dita ingiallite, una di quelle sigarette francesi il cui fumo solo all'odore, ti spacca i polmoni. Tossiva violentemente sul polso piegato della stessa mano con cui afferrava il residuo cicchetto di morte. Si schiariva la gola da chissà quali umori, se dell'anima o del corpo. Il berretto era riverso all'indietro sul capo e le sue mani ruvide, il suo volto rugoso mostravano sicuramente un'età superiore alla reale. Ho cercato d'indovinare quale fosse realmente, contando le pieghe sul volto. Ma tante erano le rughe, che dovetti fermarmi. Il mio pensiero, corse immediato alle vicine miniere di minerali di ferro. Sì e' stato un minatore, ho pensato, che fosse italiano?. Ma l'idioma in un perfetto francese, non mi permetteva di capirne la provenienza. Solo il luogo dove ci trovavamo, assomigliava per i colori amorfi e piatti ai locali e alle fabbriche di silicosi. Uscii pensieroso quel giorno, dal càfe!


Il bar delle Folies-Bergère


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai a: Navigazione, cerca

Il bar delle Folies-Bergère
Édouard Manet, 1881-1882
Olio su tela, 96 × 130 cm
Londra, Courtauld Gallery
Il bar delle Folies-Bergère è un dipinto ad olio su tela di cm 96 x 130 realizzato tra il 1881 ed il 1882 dal pittore francese Édouard Manet.
È conservato alla Courtauld Gallery di Londra. Il quadro è uno degli ultimi del pittore, gravemente ammalato e vicinissimo alla fine.L'atmosfera di tristezza e di mesta accettazione del proprio destino si riflette nell'atteggiamento malinconico a rassegnato della giovane donna al banco del bar.
Il locale era il più famoso caffé-concerto dell'epoca e l'artista ha cercato di rendere al meglio il fascino dell'atmosfera.La malattia, già in fase avanzata, costrinse Manet a dipingere la tela in studio seduto davanti ad un finto bar.È per questo che gli oggetti in primo piano sono stati dipinti con maggiore precisione rispetto alle evanescenti figure sullo sfondo.




Il resto più in là, ciao!



Italo Sùris

Nessun commento:

pub-9734653329526511