mercoledì 27 febbraio 2008

L'indifferenza

27 febbraio 2008

Ognuno nella propria fertile fantasia può immaginarla come vuole la storia di un dramma annunciato. Chiacchiere da bar o serie congetture, basate su analisi, ipotesi e dati finalmente concreti, s’incrociano sulle pagine dei quotidiani di questa mattina. Il titolo in prima pagina a caratteri cubitali, è ciò che ciascuno di noi non avrebbe mai voluto leggere, aggrappandoci all’illusoria speranza, che gli angeli di Gravina fossero da qualche parte ancora in vita. E invece no, quel titolo apparso sui quotidiani è uno schiaffo ricevuto all’improvviso, un pugno nello stomaco che scuote le coscienze, che alimenta dubbi e ripensamenti, sensi di colpa e attimi di insicurezze profonde, che mostrano ansie malcelate e paure inconsce, in tutti coloro che sanno cosa voglia dire essere genitori. “L’agonia dei fratelli nel pozzo, morti di fame, sete e freddo”, recita impietoso il titolo del quotidiano che ho dinnanzi ai miei occhi.

Già hanno trovato casualmente Francesco e Salvatore Pappalardi. Il padre Filippo, è in carcere indiziato per la loro morte. Ma ha reali responsabilità materiali quest’uomo? si chiedono i giornalisti ma anche gli investigatori e la gente tutta. E’ stato lui a gettarli nel pozzo o sono caduti da soli, giocando fra le mura di quel vecchio stabile cinquecentesco, chiamato il palazzo dalle 100 stanze. Sono più propenso a pensare che ci sia una diretta responsabilità del padre, anche se potrebbe sembrare una tremenda e abnorme ipotesi, piuttosto che ad una disgrazia, e per un semplice e valido motivo. Erano ragazzi, apparentemente sorridenti e felici, ma morti nel cuore da tanto, tanto tempo. Li univa solo il forte sentimento d’amore che avevano l’uno per l’altro e forse questo fortissimo legame di vita, li ha uniti per sempre nell’abbraccio di una matrigna severa ed insaziabile, la morte.

Avrei forse accettato l’inaccertabile, un attimo di follia di un genitore colto da furiosa ira, la perdita del raziocinio di un uomo mentalmente fragile, piuttosto che assistere ad errori ad atteggiamenti irrazionali, a drammi familiari a momenti di reciproche incomprensioni ed accuse, quelle di una madre che si sentiva tradita negli affetti più cari, abbandonata da un uomo che più che severo, hanno descritto prepotente. Un padre padrone, a cui recentemente, dopo anni di collegio, i figli sono stati dati in affidamento e di cui essi stessi temevano l’ira e ne agognavano invece l’affetto. E’ tutto ancora da dimostrare, saranno l’autopsia e gli indizi raccolti dagli investigatori a definire il vero quadro di questa tragedia giunta all’epilogo.

Mi sconcerta che forse un innocente sia in carcere, che con leggerezza forse si sia arrivati ad accusare un uomo prepotente sì, ma pur innocente. E’ tutto ciò che mi fa sperare che sia un assassino, altrimenti lo saremmo tutti noi, coloro che non li hanno trovati, quelli che assurdamente non hanno indicato il luogo preferito da tutti i bambini del luogo, il castello da esplorare, con i suoi labirinti, con le sue grandi e affascinanti e numerose stanze, con quelle scale di marmo e le immense terrazze su cui correre. E’ mai possibile che nessuno li abbia mai visti dalle innumerevoli finestre che si affacciano lungo le strade che circondano da ogni lato il castello di tufo maledetto?E’ mai possibile che genitori si accorgessero di loro se non al tramonto, che non ci fosse un’anima pia che li accudisse. La loro morte è la morte di una civiltà millenaria, che si sta decomponendo proprio come è stato per i loro fragili corpicini, che urla senza che nessuno possa udire, che non ama come dovrebbe fare con i suoi figli più fragili, che è distratta e non vede ciò che succede dinnanzi ai propri occhi. Sì avete capito, la tragedia di Gravina in fondo è la tragedia della nostra perduta nazione.

Italo Surìs

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