martedì 5 febbraio 2008

ali spezzate

05 febbraio 2007

Bullismo, così chiamano ipocritamente l’abitudine sempre più diffusa fra i giovani, di isolare, offendere, ma anche picchiare i “ diversi”. In questa categoria potremmo metterci tutti, i figli di divorziati o delle ragazze madri, i rom o gli omosessuali, i disabili fisici o psichici, ma anche i poveri o i timidi; in poche parole i più deboli, o i primi della classe e perché no anche i più sensibili. Tutti quelli che non si adattano ad una forma di vita o ad abitudini che non condividono.

Ecco allora che costoro diventano obbiettivo di gruppi omogenei di persone spregiudicate. Giovani o adulti perennemente vittime di soprusi, una forma di mobbing sociale a cui difficilmente ci si può sottrarre se non con la fuga dalla realtà, allontanandosi dal gruppo, isolandosi senza possibilità alcuna di dimostrare la sofferenza che tali atteggiamenti provocano in essi. Non resta loro altro che piangere in silenzio con l’animo ed il cuore straziato dalla consapevolezza di non meritarsi tutto ciò, proprio perché essi stessi sono ingenuamente propensi ad aprirsi e a condividere con gli altri, momenti di vita che vorrebbero fossero gioiosi e sereni. Non è il primo caso in cui giovani ragazzi taciturni e sofferenti hanno scelto la morte come unica via di fuga possibile.

Un rifiuto di una società in cui non si riconoscevano, che percepivano ostile e prevaricatrice, l’allontanamento definitivo da un mondo senza valori, il cui definitivo scopo è la sottomissione psicologica e anche fisica del più debole. Allora si capiscono molte cose, il ragazzo o la ragazzina fragili e poveri diventano a tutti gli effetti strumenti di quel sottile piacere sadico e cinico che solo la consapevolezza di una accondiscendente protezione generale può rafforzare. La convinzione di appartenere ad una razza migliore, più ricca e benestante o più arrogante, conduce spesso i così detti bulli a commettere atti anche illegali, stupri e violenze di gruppo, perpetrati su ragazzine inermi..


Nell’ultima settimana, sulle pagine dei quotidiani locali, sono apparsi due articoli inquietanti. Uno riguardava il processo di alcuni giovani , anche minorenni che hanno compiuto atti di libidine, se non violenza sessuale, nei confronti di una coetanea. Oggi si legge che un ragazzo immigrato ha deciso di abbandonare gli studi perché vittima di denigrazione e prevaricazione. Lo chiamavano ala spezzata per un difetto al braccio. Ma quello che fa pensare, è il comportamento dei genitori e degli insegnanti. I primi hanno cercato di minimizzare la cosa affermando che tanto si trattava di uno zingaro, mentre i nostri educatori non si sono mai accorti del disagio dello studente oggetto di scherno. Poi ci lamentiamo se questi ultimi non riescono ad integrarsi nella società, se rubano o commettono reati contro la proprietà.

Faccio parte di un comitato che cerca di salvaguardare il patrimonio naturale del proprio paese, e abito vicino a degli zingari. Tutti immaginano che tipo di lavoro facciano, ma quanti alle loro richieste d'essere inseriti nel mondo lavorativo hanno cercato d’aiutarli?. Sarà anche pragmatismo asserire, come qualcuno ha accennato, che costoro non sono abituati a lavorare e mai si abitueranno a farlo, preferendo il furto ed il facile guadagno alla fatica ed al lavoro. E’ vero, non posso negarlo, ma anche i romeni, gli albanesi o i senegalesi venuti in Italia hanno dovuto adattarsi a nuovi concetti e sistemi di vita, come pure molti italiani hanno adottato usanze non propriamente e moralmente corrette, allo scopo di un veloce e facile arricchimento. Sono percorsi di vita che nascono da scelte personali e non certo dai geni . Tutto si può modificare nella vita, anche quella forma di razzismo che ostinatamente vogliamo definire bullismo.

Italo Surìs

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