lunedì 25 febbraio 2008

L'eldorado degli anni tremila

25 febbraio 2008


Vi ricordate i massacri nelle verdi praterie del montana? Bambini, donne, coraggiosi guerrieri Sioux, indiani che fino alla comparsa delle giubbe blu, vivevano in modo pacifico cacciando i numerosi bufali che pascolavano negli spazi immensi di una terra generosa e ricca. Essere fieri, liberi di vagare nelle immense distese di verde, dove lontane si stagliavano le vette innevate, sulle quali venivano trasportati, per essere abbandonati su letti improvvisati di ramaglie, i corpi dei vecchi saggi deceduti per vecchiaia o malattia, affinché i condor o gli avvoltoi, si cibassero delle loro carni ormai rinsecchite.

Si sollevavano allora nel cielo ancora terso i suoni dei loro tamburi, i pianti delle anziane vedove che sapevano di dover a loro volta perire, o sopravvivere in solitudine senza l’appoggio del resto della tribù. Triste destino il loro, dura legge della natura, peso per l’intera comunità che nelle ferree e rigide regole, trovavano un equilibrio per la sopravvivenza del resto della comunità. Una scelta Darwinista, in cui il debole e l’anziano ha il dovere di soccombere per rispetto della comunità tutta.

Triste destino ma rispettabili, semplici ed elementari regole della convivenza. Il cibo era quello che la natura offriva, ed era anche abbondante, eppure nulla era sprecato, dai bufali se ne traeva cibo, pellami, con la pelle essiccata e ridotta a sottili strisce si costruivano le corde dei lacci o degli archi, con il ferro, la lama e con il corno di quei giganteschi bestioni, manici di coltelli, con le pietre affilate ed appuntite asce ma anche oggetti e suppellettili. Le tende adornate di meravigliosi e variopinti disegni schematizzati, con colori creati dalla terra e dai fiori, con le bacche con gli insetti colorati. Mentre le penne d’aquila cingevano infisse in fasce colorate di stoffe e pietruzze colorate le fronti di guerrieri fieri con il volto dipinto da alternanza di colori accostati fra loro a simboleggiare il valore o per spaventare il nemico da affrontare in battaglia.

Maschere bianche rappresentanti il colto della morte, scheletri ambulanti, petti di guerrieri segnati da profonde cicatrici, che non rappresentavano altro che i gradi del loro innato valore. Fiumi impetuosi attraversavano le immense superfici degli spazi verdeggianti, mentre salmoni e trote gigantesche venivano afferrate dagli artigli di giganteschi orsi grizzly, tremendi e possenti animali contro cui, armati del solo coraggio e della disperazione, si trovavano a dover combattere con la sola arma del coraggio e delle lame in loro possesso, uomini soli attaccati a loro insaputa.

Mentre nel deserto ed in ogni anfratto fra le rocce aride dei canyon e fra i monti, serpenti dal morso micidiale e velenoso potevano all’improvviso assalire i componenti della carovana, di nomadi che si spostava in continuazione con tutti i loro beni caricati in un’improvvisata e semplice slitta formata da due bastoni paralleli collegati fra loro da altrettanti orizzontali legati con lacci di pelle e ricoperti dallo stesso pellame che fungeva nelle fredde e buie notti da coltre. Una semplice barella agganciata provvisoriamente al dorso di pazienti cavalli, dalla pelle candida o chiazzata di scuro.

Ma un giorno arrivarono i primi dal lontano continente europeo, i primi coloni, inglesi, irlandesi, scozzesi francesi vennero alla scoperta del nuovo mondo dio terre da coltivare, di verde selvaggio da soggiogare, portando quella che loro stessi chiamarono sviluppo e civiltà; armi da fuoco, alcool, malattie veneree vizi gioco d’azzardo e puttane. Ma anche il futuro , lo sviluppo costituito dalle banche, dai pistoleros, dalle forche e dagli sceriffi, dalla strada ferrata che doveva congiungere l’est all’ovest, prevaricando e scacciando i nativi, uccidendoli depredandoli se si ribellavano. Nacquero le nuove città all’insegna del divertimento e degli affari, le merci e gli uomini si dovevano spostare velocemente trasformando in un inferno la pace che fino allora aveva regnato nella solitudine e nel silenzio di quelle lontane terre. I Sioux vennero confinati in riserve sempre più piccole, la parola data venne tradita più volte, e valorosi condottieri furono costretti a sottomettersi e addirittura a far da comparsa nei circhi per divertire l’uomo bianco, Per costruire la ferrovia furono abbattuti alberi secolari, bestiame, bisonti per cibare i milioni di nuovi arrivati, mentre le malattie trasmesse volontariamente sotto forma di virus del vaiolo, infettando le coperte che venivano regalate o scambiate con gli indigeni, decimarono tutti o quasi i nativi.

Ecco allora che la storia si ripete in un escursus storico, la ferrovia da ovest ad est incomincia ad arrecare i primi danni alla natura, intere montagne scompaiono per diventare cemento, immense aree coltivate vengono espropriate, intervengono gli sceriffi moderni, con il volto coperto da visiere di plexiglas e i pettorali avvolti in giubetti di klevar. Dove sono i coraggiosi Sioux? Con che forza potranno opporsi all’avidità dei nuovi conquistadores? Che possibilità avranno donne, bambini, vecchi inermi di contrastare gli stessi poteri che devastarono le bellezze di un mondo incantato?

Nessuna, eppure pur coscienti i coraggiosi guerrieri si opposero ed è per questo che ancora adesso, Geronimo o Cavallo pazzo, sono rimasti ancora nel cuore dei loro discendenti, grandissimi uomini che nelle nuvole avevano predetto il loro destino. Bene ora tocca a noi da Ovest sta procedendo un serpente di ferro, una nuova linea ferroviaria che dovrà arrivare, partendo dal lontano Portogallo, fino a Kiev. Passerà in nome dello sviluppo sui corpi e sulle tende di moderni tribù indiane. I cerokee, i cejenne, i Sioux della pianura Padana o del Veneto, di Val di Susa o del Friuli, travolgendo tutto ciò che ci sarà da travolgere in nome di uno sviluppo molto discutibile.

Italo Surìs

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