giovedì 3 maggio 2007

una tavola imbandita




03 Maggio 2007

Un grande cuoco, di quelli che non esistono più, un cuoco saggio sapiente e paziente, che usava cucinare alla maniera antica, adoperando prodotti genuini e raffinati, ormai quasi scomparsi, preparò tanti anni addietro un pranzo succulento per i suoi molteplici ospiti graditi. Li amava talmente che li trattava come figli. Aiutato dalla madre, addobbò un’immensa tavola, una tavola infinita, un lungo tavolato imbandito e coperto da una preziosa tovaglia di soffice stoffa di color verde. Fra le sue pieghe la impreziosivano ricami d’ogni genere. Immenso drappo ricamato da varie figure e forme di contrastanti ed affascinanti colori. Dai più accesi ai più sbiaditi, dalle forme piene a cespugli spogli, piccoli e grandi alberi eretti o dalla chioma cadente sul tavolato, quasi piangente anzi felice di sciogliere impudente i suoi lunghi capelli. Muschi, licheni, fiori d’ogni forma e colore, gai protagonisti di un banchetto di nozze. Fiori d’arancio o di ciliegio di mandorlo o di albicocco. Mazzi inalterati d’addobbo in vasi naturali di legno, tronchi affiatati e attivi contenitori di linfa vitale. Si festeggiava il matrimonio da lungo disposto, fra una coppia che già da sempre era unita. Il cielo e la terra, congiunti per sempre da un saldo rapporto di sani principi, di responsabilità condivise, ma anche di gioia per aver accanto a se la numerosa prole che il loro rapporto ha generato nel tempo. E là su quel desco i piatti d’argento, non erano altro che laghi immensi nelle cui acque, limpide e stagnanti, si muovevano, in trepida attesa, nei fondali ricchi di microscopici esseri pulsanti di vita, svariate forme di fauna naturale e di flora verdeggiante. Fontane d' acqua frizzante sgorgava naturale da bottiglie di cristallo costituite da rocce di pietra millenaria dai colori azzurrati e dalle forme sfaccettate di un cristallo di Boemia. Acqua che sgorgava a fiotti direttamente sul prezioso drappo. O fluivano nelle coppe costitute dai fianchi di angeliche ninfee dai biondi capelli mossi ed ondulati, convessità formata dal raccordo accurato di perfette e tondeggianti natiche, con la curva di una schiena impeccabilmente flessuosa. Saltimbanchi, nani e putti, suonavano e danzavano sul desco con strumenti dal suono melodico, a fiato o a corda, come le cetre i cui fili di seta venivano pizzicati in modo armonioso dalle dita affusolate di damigelle vestite d’azzurro. In ceste composte da rami contorti intrecciati fra loro, erano delicatamente adagiati frutti variopinti, salutari, succulenti, dal viso paffuto come quello di un bimbo, dalle guance leggermente rosate,oppure accese di rosso come può essere il colore della salute. Albicocche di un giallo più intenso, pesche di un insieme di svariate tonalità, giallo, rosa arancione, in un miscuglio armonioso e equilibrato di toni più o meno intensi. Prugne violacee, maliziose in attesa di una mano maschile che le cogliessero, che le accarezzassero, passando poi le labbra sulla loro profumata pelle, nel punto più fragile il più delicato , sulla fessura formatasi nella rotondità del loro corpo già sodo. Impazienti d’essere aperte per espellere il nocciolo duro, grande quasi come il corpo madre, e che lo stesso ha generato. Duro e grande cuore divelto, in uno smembramento di polpa, succulento alimento di voraci bocche affamate, avide di giovani vite, inumidite da fremente saliva nei sottili angoli estremi. E poi: uva, fichi già maturi ed aperti, che mostrano impudicamente il rossore più recondito nella loro reale natura. Fagiani , volatili dalle piume colorate, cervi, stambecchi, pernici, galli cedroni lepri e cinghiali ecco ciò che quel gran cuoco aveva appoggiato in lunghi vassoi, in piatti, in tegami chiamati poi boschi, crateri, colline, montagne prati e rigagnoli, fiumi e oceani. Benvenuti signori a pranzare con tutti noi, ospiti assidui, nella tavola bandita, chiamata natura.


Italo Surìs

Nessun commento:

pub-9734653329526511