sabato 26 maggio 2007

giulietta e romeo







26 maggio 2007




Faccio sempre tanta difficoltà ad iniziare un nuovo post, non so mai cosa dire, poi quasi automaticamente, le parole sgorgano anzichè dalle mie labbra, dal mio cervello e si impressionano sulla carta immacolata di quelle lettere profumate che una volta si spedivano alla propria bella. Sì ecco è su uno di quei fogli che ora vi scrivo, in un nuovo formato vero, un formato elettronico, ma sempre profumato, sempre candido e con la busta con la righina periferica bicolore. Un bordino con una linea rossa e bleu a strisce inclinate intercalate fra loro, quelle buste che si spedivano via air-mail, per posta aerea. Le spedivo alla ghirlfriend di HongKong oppure a quella dello Yorkshire, contea situata nel nordest dell'inghilterra. Scrivevamo in inglese alle nostre ragazze del cuore, quell'inglese che avevamo imparato così bene cantando le canzoni dei Beatles o dei Rolling Stones. Ci promettevamo eterno amore, assicurandoci scambievolmente che prima o poi ci saremo visti, abbracciati, amati profondamente. Già fu così anche per la ragazza canadese, una bellissima ragazza friulana, di Talmassons del Friuli, i cui genitori erano emigrati in Canadà a far fortuna, penso con successo. Frequentavo il quinto anno dell' istituto tecnico Pacinotti di Conegliano e dovevo fare gli esami quell'anno. Esami molto impegnativi, che mi obbligarono a studiare molto, ad impegnarmi, giorno e notte. Non si scherzava con gli esami a quei tempi, sebbene fossimo in pieno sessantotto e si predicasse l'amore libero, fra i figli dei fiori. Era sì appena cambiato il sistema, nel senso che non era obbligatorio portare tutte le materie come l'anno precedente, ma l'istituto che frequentavo, godeva di una una fama a livello nazionale di estrema serietà e di elevata e riconosciuta capacità educativa. Il Pacinotti di Mestre, fu un istituto tecnico del veneto orientale da cui attinsero molte ditte del nord est e del nord ovest nel pieno sviluppo industriale. Molti periti usciti da quell'istituto, sopratutto i primi, sarebbero diventati i futuri manager di alcune grosse realtà produttive del tempo. Sì, mi ero ripromesso di andarla a trovare, questa ragazza di cui ora non ricordo più il nome, come nel dimenticatoio sono scivolati quelli della ragazza cinese e della bella Inglesina dai capelli biondi e corti, dal viso paffutello chiazzato da un numero infinito di lentiggini. A Linda, ah sì, adesso ricordo, questo il suo nome, mandai una foto, come si usava allora, in cambio di una delle sue. Mi promise che mi avrebbe atteso per tutta la vita. Già cose che si dicono quando si hanno diciott'anni. La ragazza canadese mi scrisse che sarebbe venuta in ferie in Italia quell'estate stessa, sì proprio in quella maledetta estate del 1970. Ma dico proprio l'estate ed il periodo in cui si svolgevano gli esami? Non prima, non dopo. Già sapevo, come mi aveva scritto precedentemente, che i fratelli non vedevano di buon occhio il nostro rapporto, il solito problema, dove chi sceglie dell'altrui felicità sono sempre gli altri. Probabilmente erano diventati ricchi lavorando nell'edilizia, come molti Italiani all'estero, come molto ricca era quella ragazza che stravedeva per me, il cui padre aveva ben quattro ditte. Per lei, non per i suoi soldi, lasciai Liviana, ricordate? il mio primo grande amore. Ma il rapporto fra me e Liviana, non filava più come una volta, erano nate delle incomprensioni. Beh anche qui il padre ci mise lo zampino, la allontanò da me. Ricordo che un giorno che andai a trovarla a casa, lo stesso, mi palpò tutto per sentire se fossi flaccido o muscoloso e insisteva trovando solo carne soda. Tastava qui, lì , a destra a sinistra , sperando di trovare l'alibi; il suo alibi: un filo di grasso!, per impedire con una scusa, un rapporto felice. Anche allora capii, la figlia era soggetta al volere del padre, l'andai a trovare di nascosto ancora per un pò di tempo e poi ci lasciammo, con sommo dispiacere d'entrambi. La vidi un giorno seduta nei giardini comunali con un altro ragazzo, mi si strinse il cuore. Poi seppi, si sposò divorziando subito dopo. Probabilmente il marito non era in grado di gestire l'impresa di papà, anch'essa fallita più avanti, assieme alle altre tre. Un giorno che la incontrai, dopo anni, mi confessò che il rapporto con il secondo marito durava perchè questo era un uomo energico, s'imponeva, proprio come suo padre. Ecco il baratto, il maledetto baratto che ho incomincito a conoscere sulla mia pelle fin da ragazzo. L'estrazione sociale, il danaro, i veri elementi che a discapito dell'altrui felicità avrebbero permesso o negato un'unione fra famiglie, fra due amanti, proprio come nel cinquecento, proprio come nel dramma di Giulietta e Romeo. Ricchi e poveri, l'amore soppesato con una bilancia, con il conto in banca. Più un'alleanza fra potenti che un rapporto fra amanti. Sì è proprio così. Pensate mi accadde qualcosa del genere anche nel casertano, dove andavo a fare le vacanze estive. A Mondragone, località in cui tutt'ora si producono le migliori mozzarelle di bufala del mondo, che io gustavo appena fatte, a morsi , uscendo dal vecchio caseificio. Erano queste, un mondo di crema di latte giallastro, ricche di grassi e di panna, dolci, cremose, nutrienti e generose come generose con me sono state le donne del sud. Quelle ragazze more e prosperose che si mettevano in fila per salutarmi e baciarmi la sera. Non è immodestia, ma solo giocosi ricordi d'infanzia. Avevo diciassette anni, diciotto o qualche anno di più. Un mio amico, dovendo partire per militare, mi raccomandò di vegliare su Anna, quella che lui credeva fosse la sua ragazza. Ma Anna non l'amava, amava me e io vegliai su di essa ogni notte, sulla spiaggia, nella sabbia ancora calda e fine, facendo l'amore, baciando i suoi seni giganteschi, accarezzando i suoi lunghi capelli. La chiamai dopo due anni a Napoli, quando scesi per un breve periodo. Era fidanzata e portava un grosso anello al dito, un dono del suo ragazzo. Mi attese due o più ore sperando che arrivassi. Sapeva che sarei sicuramente andato da lei. Facemmo anche quel giorno all'amore sotto l'arco del maschio Angioino, vecchio castello della città, in pieno centro, in pieno giorno, riparati solo dalla discrezionalità dell'ombra di vecchie mura. Ciao Anna ciao Ciro, così si chiamava il mio amico che non ebbi il coraggio di andare a trovare, dopo che vidi sua madre piangente. Ciro stava morendo di un male incurabile, per cui fu congedato. Dovetti dirgli la verità, capì e si accorse d'essersi illuso, come illuso fui anch'io quando mi misi, sempre in un rapporto fugace per un amore estivo, con una bellissima mora dagli occhi castani e dai capelli neri come la pece. Portava sempre anch'essa occhiali scuri, che mortificavano i suoi magnifici occhi. Il nostro rapporto durò parecchio finchè la stessa non lo disse alla madre. Si usava così in meridione allora, un rapporto con una donna non lo si poteva avere che sotto sorveglianza stretta e con il consenso dei genitori. Avrebbe dovuto durare una vita. Studiava al liceo classico ed abitava poco distante da noi. Un giorno sentii provenire dalla sua abitazione urla e pianti un rumore di piatti infranti, singhiozzi, riconobbi la voce ed il pianto sommesso della mia ragazza. Dovemmo lasciarci, fu costretta a lasciarmi perchè il mio diploma non era all'altezza del suo, del liceo classico. Già non sarei mai per loro diventato un insegnante o un laureato alla sua altezza. Se avessero saputo quanti laureati ho gestito nella mia vita lavorativa. Chissà dove sarà ora quella ragazza dai capelli e dalla carnagione scura, che si proteggeva gli occhi dal sole dell'estate afosa del sud con un paio di occhiali scuri. Ecco l'intelligenza classica, Omero, Euripide, Sofocle, Platone, Aristotele. Ma cos'hanno costoro a che fare con i miei baci??, con le carezze che furtivamente ci scambiavamo distesi uno accanto all'altra sulla spiaggia, coprendosi con l'asciugamano? con quale diritto un essere si intromette nella vita altrui?, perchè queste ingerenze?. Per il proprio prestigio personale, per la propria immagine per l'identificazione, quella maledetta identificazione, il transfert psicologico che una madre frustrata ha nei confronti della figlia. Una madre così, non sceglie la felicità della figlia, ma la propria, che vede riflessa negli occhi dei vicini, quando si complimentano con la figlia e quindi con lei e dicono: " ma che brava sua figlia, si è laureata in lettere o lingue ma con che voto?, ah con 100 su 100, ma che brava! è fidanzata vero?, con un professore del liceo scentifico mi pare o con il sottotenente dell'esercito?". Sempre le solite e banali storie di un mondo che non cambia mai. Come non cambiò la storia fra me e la bellissima canadese. Aspettavo impaziente il momento per poter fuggire da lei a Talmassons, vicino a Palmanova, volevo vederla a tutti i costi. E' come se avessi la foto dinnanzi a me ora , una ragazza mora, dai lunghi capelli castani che arrivavano fino alle natiche. Li portava sciolti come si usava negli anni settanta, o come nel cinquecento, quando s' intrecciavano sapientemente dietro la nuca. Mi scrisse che sarebbe arrivata in aereo e si sarebbe fermata per una quindicina di giorni. Mi diede le date sia di partenza che di arrivo dal Canadà. Il numero di telefono della zia dove avrebbe soggiornato tutta la famiglia. Mi ripromisi di correre da lei dopo gli esami, visto che la sua permanenza si sarebbe protratta dopo il termine degli stessi per altri tre, quattro giorni. Telefonai due giorni prima, avviasandola del mio imminente arrivo. Aveva una voce dolcissima come mai mi sarei immaginato. Ero felice fra poco sarebbe stata fra le mie braccia. Riuscii a farmi dare l'autobianchi A112 da papà, mi vestii di tutto punto per non sfigurare il giorno prefissato del nostro incontro. Saremmo stati assieme altri due giorni, forse tre. Arrivai quel giorno raggiante davanti alla sua villetta, con una scatola di cioccolatini per lei. Suonai e si presentò sua zia: "ah lei è Mario vero?, sa mia nipote si scusa ma suo papà e i fratelli hanno insistito per partire in anticipo , per andare a visitare Venezia, prima del ritorno in Canadà. Abbassai il capo, rattristato e mortificato. Ed impotente, avrei voluto gridare di rabbia, urlare che non era giusto che era tutto un maledetto trucco, per allontanarmi da lei, dal mio amore. Lasciai la scatola di baci all'anziana signora e tornai ad essere un povero senza speranze. Forse furono anche queste esperienze a farmi capire quanta illusione ci sia nel considerare la ricchezza ed il potere, più come unici elementi che rendano felici, che reali grimandelli che scardinino anche il più consolidato rapporto d'amore!


ciao


Italo Surìs

Romeo e Giulietta (The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Romeo and Juliet) è una tragedia di William Shakespeare tra le più famose e rappresentate, e una delle storie d'amore più popolari di ogni tempo e luogo.




Nel prologo, il coro racconta agli spettatori come due nobili famiglie di Verona, i Montecchi e i Capuleti, si siano osteggiate per generazioni e che "dai fatali lombi di due nemici discende una coppia di amanti, nati sotto cattiva stella", il cui tragico suicidio porrà fine al conflitto.

Nessun commento:

pub-9734653329526511