venerdì 25 maggio 2007

Due righe alle nuvole X


Lettera ad un bambino mai nato. Capitolo 10°


25 maggio 2007


Proprio come le sette meraviglie del mondo, come le montagne, i fiumi, il mare stesso e questi meravigliosi boschi. Sì anche da noi a Roma, in Italia, nella nazione che una volta da sola rappresentava l’ottava meraviglia del mondo, hanno messo gli occhiali alla natura. Occhiali scuri, dall’apparente bellezza , ma con uno strano fascino ambiguo e pericoloso. Vetri oscurati che celano allo sguardo, spazi di vuoto assoluto, ampie aree una volta verdeggianti ed ora ricoperte da quel materiale bituminoso e tetro, chiamato asfalto. Orribili lenti sferiche e grottesche, che lasciano intravedere ai più attenti ed anziani osservatori, gli strati di lente, che indicano l’aumento nel tempo delle miopia che avanza, sempre più aggressiva e che ha completamente prosciugato le lacrime, scivolate dall’angolo di bellissimi occhi neri o verdi o celesti o bruni, di forma ovale, di quella bellissima donna ricoperta solo di veli tricolori, di nome Italia. Già Italia era il nome che fu dato anche a mia zia quando nacque. Come pure era in uso il nome Patria o altri dal significato nazionalista e patriottico, di cui ora ci vergogniamo. Preferiamo dare ai nostri figli nomi altisonanti ed esotici, nomi di Vip, di cantanti, non più di Santi o dei fondatori della nostra terra. Sì lenti chiamate cemento, vetri denominati facciate, occhiali denominati tettoie apparecchi ottici col nome di condominio o di villa Queste le forme ovali o sferiche,oppure quadrate che invece di abbellire, hanno mortificato modificandolo per sempre, il volto bellissimo delle verdeggianti vallate di periferia. Sì qui di quegli strani strumenti composti da lenti oscurate, non ne ho visti ancora. Forse per il costo, forse perché si ritiene che Dio abbia donato bellezze da non nascondere, da non celare, anzi da mostrare con orgoglio, senza timore né vergogna alcuna. Proprio come il corpo di donna che sogno di notte, qui a Vilnus, figura dello spirito che compare volutamente materializzandosi per accovacciarsi sul mio corpo di giovane ragazzo, pieno d’ardore e di desiderio. Quante volte è successo, da quando son qui? E in genere, quante volte accade di pensare di fare all’amore con un angelo nero, con un angelo dalla pelle ambrata, o color latte, dalle dita affusolate, dal corpo asciutto, dai fianchi stretti e dai seni piccoli e sodi?. Mi risveglio sempre alla mattina, dopo una notte movimentata, in un mare di sudore, scomposto, stravolto, svuotato, come se realmente la natura avesse fatto il suo corso, provvedendo da sola a soddisfare le mie esigenze di uomo maturo a procreare. In una città cosmopolita come Roma ci sono tantissimi angeli dalla pelle ambrata o dai dolci occhi a mandorla o dai lunghi capelli color oro, o addirittura color platino. Quando sono lì con quelle dolci creature, mi sembra d’essere in paradiso.


Al prossimo capitolo

Ciao

Italo Surìs

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