martedì 15 maggio 2007

Vecchio ardore IV


15 maggio 2007


L'amore non ha età 4°


Non ho ricordi nella mia vita, di momenti così sereni alla sua età. Al suo posto sarei stato forse strattonato se mi fossi bloccato pr strada, mi avrebbero probabilmente urlato, se avessi desiderato qualche oggetto fermandomi davanti a qualche vetrina. O forse sarei stato schiaffeggiato, se avessi interrotto un’accesa conversazione. I tempi sono cambiati per fortuna. Sì come invidio quel bambino, la sua serenità interiore, il dialogo pacato che si svolge fra lui ed i suoi congiunti, non strazianti urla, non grida forsennate, non ceffoni né strattoni, anzi forse qualche gelato Già qualche gelato. Altro che maglietta a righe, scarpette colorate e jeans. Ho più di una volta rigirato fra le mani quella vecchia foto di bambino, in cui comparivo seduto su quel ceppo, un vecchio blocco di legno , forse un albero divelto alle radici e trasformato in un ceppo su cui tagliare la legna. Avrò avuto penso la sua stessa età. Nella foto si vede bene che indossavo dei pantaloni a quadri troppo grandi per me. Erano stati ricavati sicuramente utilizzando la stoffa di recupero di un vecchio vestito di papà, un vecchio abito in disuso, disfatto e poi ricucito su misura per me dalla mamma, che conosceva un pò il mestiere di sarta. E il maglione?, non certo di benetton o di cachemire, anch’esso sdrucito, eseguito con il lavoro a ferri, usando gomitoli bicolore di vecchia lana di recupero, conservata da anni, per un’eventuale necessità, in un vecchio cassetto di un comò abbandonato e ricoperta da naftalina. Maglione e calzettoni tutti dello stesso colore, tutti fatti dalle stesse mani, con la stessa lana, consunta, stopposa, che non poteva più riscaldare, come non scalda il sentimento di un cuore, anch’esso troppo sfruttato, e quindi proprio come la lana, ormai sfilacciato. Pensieri che attraversavano veloci la mia mente, mentre il sudore e con esso il dolore contenuto in esso, fuoriuscivano prepotentemente attraverso il pensiero e colavano, stravolgendo il mio volto, lungo le guance pallide dalla tensione. Sì, una forma fobica , la chiamano, ansia antica , attacchi di panico, collegati a motivi scatenanti, laceranti, improvvisi, inaspettati, causati dal ritorno incondizionato di ricordi angosciosi. Già perché un ricordo tira l’altro, proprio come le ciliegie. Vedendo quel bimbo è come la mia infanzia fosse improvvisamente riapparsa in tutta la sua drammaticità, come se flash improvvisi illuminassero le ombre di ricordi soppressi, cancellati volutamente perché troppo dolorosi oppure anche se presenti, non vissuti emozionalmente. Quasi che improvvisamente in sogno retrocedessi di anni nella mia esistenza, come in quei film fantascientifici in cui i protagonisti vengono risucchiati nel passato attraverso la macchina del tempo, in un viaggio sconosciuto fra misteri del passato ma anche del presente. Un viaggio affascinante per gli uni, doloroso per altri, ma necessario per poter finalmente sciogliersi dalle corde che ancora ti legano al passato. Cinghie che ti bloccano il corpo ed i polsi, che ti impediscono di camminare liberamente, di correre velocemente verso il futuro, verso la serenità.



Alla prossima



Italo Surìs

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