domenica 16 marzo 2008

Dai Lama che ce la fai

Fotografia tratta da wikipedia.org


15 marzo 2008

Nuova violenza nel mondo, ancora e ancora violenza. Sembra che l’uomo non desideri altro e che un infausto presagio incomba sull’umanità. Trombe di guerra squillano anche nel nostro paese, una guerra invisibile fra esseri della stessa nazione che si differenziano solo per la quantità di carta moneta accumulata, decisioni sconsiderate di possibili futuri ministri che propongono in campagna elettorale, un capovolgimento dello scenario internazionale dislocando i nostri militari in Afghanistan e ritirandoli dal Libano, , modificando equilibri faticosamente raggiunti. modificando fra l'altro il contratto di quelli di stanza in Iraq, come istruttori. Facendo di fatto assumere apertamente l’aspetto reale della nostra presenza in quella zona dei paesi arabi; come una missione di guerra a tutti gli effetti.

Ma veniamo alle notizie di questi giorni. In Tibet si stanno sollevando contro il governo cinese, dopo ben 20 anni dalla precedente repressione da parte dei militari cinesi, per soffocare la rivolta di un paese assoggettato territorialmente con la forza delle armi. Un paese colonizzato in questi anni, su volere del governo di Pechino, da migliaia di immigrati di origine cinese, che oggi dominano l’economia, mentre sono stati imposti perfino Lama e culti religiosi graditi al regime cinese. Scorre sangue nella capitale Tibetana di Lhasa ed in altri paesi a confine col nord del paese. Sono morte in questi giorni decine e decine di cittadini e monaci che sono scesi pacificamente in piazza per protestare contro un governo d’occupazione, in concomitanza con le future olimpiadi cinesi.

I governi stranieri, fra cui proprio gli Stati Uniti hanno in questi giorni ritirato il loro veto nei confronti della super potenza, precedentemente accusata di usare sistemi dittatoriali e repressivi inaccettabili. La stessa Ue, per voce di Javer Solana, rappresentante per la politica estera europea e candidato a diventare il primo ministro degli esteri dell’unione a partire dal prossimo anno, ha espresso la volontà di non boicottare le olimpiadi di Pechino. In Italia, mentre la maggioranza invita il governo a dialogare con il Dai Lama, attualmente esule in India e considerato dal Governo cinese un secessionista con cui è impossibile il dialogo, la minoranza da FI a AN e la stessa Lega, invitano stranamente a boicottare le olimpiadi.

Ma il governo cinese non è tranquillo, sa che, pur corrispondendo il territorio del Tibet ad un terzo dell’intera superficie cinese, i 150 milioni di buddisti potrebbero creare all’interno del paese lo stesso effetto che si creò con Solidarnosc, ove la religione servì da collante. I tibetani sanno che questo è il momento più adatto affinché l’attenzione mondiale si concentri sul problema della perdita della loro identità per la graduale occupazione da parte di coloni provenienti dal vicino confine cinese. Un’immigrazione che iniziò oltre cinquanta anni fa, dopo l’occupazione sotto Mao del territorio tibetano e che i nazionalisti da sempre considerano proprio. Eppure con molto realismo, il Dai Lama desidera solo dialogo, e che il proprio paese, ottenga una forma di autonomia con una definitiva definizione di un termine all’incessante forma di colonialismo in atto nel paese.

Mentre la Cina, con le olimpiadi, cerca di aprirsi definitivamente al mondo occidentale, con l’ambizione di diventare un attore responsabile nella governance mondiale. E, allo stato attuale, membro del consiglio di sicurezza dell’ONU e dell’organizzazione del commercio mondiale. Non è un problema di facile soluzione e onestamente non mi sento di criticare le decisioni del Governo attuale vista la possibilità di una crisi diplomatica ed economica in caso di risposte adeguate. Unica cosa, spero che vinca l’intelligenza e tramite pressioni internazionali, un dialogo costruttivo fra i due paesi confinanti.

Italo Surìs

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