30 marzo 2008
fiori, fiori di plastica, che durino per non disturbare più di tanto il parente ancora in vita. Non c'è più tempo in questa vita nè per i vivi, nè per i morti, e nemmeno per gli affetti, ma solo per il denaro e gli affarii, per il potere e le angherie, neppure per la natura e per Cristo non riserviamo più un briciolo del nostro prezioso tempo, della nostra artefatta felicità. Più nulla esiste e si meritano i nostri morti. Forse neppure un pensiero che genererebbe un forte senso di colpa, un'imbarazzante senso di disagio interiore che si può solo tradurre in vergogna e in rimorso. Fiori, fiori di plastica che non appassiscano, addossati su pareti di lucido e freddo marmo, corpi stivati in gabbie di pietra, come animali da stipare ormai congelati in celle sovrapposte. Macelleria mentale e emotiva di giorni oscuri come non mai, la paura rende cinici, l'illusione di onnipotenza e di garanzia di vita legata al possesso delle cose terrene, si scontra con questa realtà, cinica e fredda realtà di tutti i giorni, una fila di morti che si vergognano di essere tali, che mai più vorrebbero pesare cadaveri in decomposizione o mummificati che desidererebbero solo il silenzio e l'oblio. Ma la speculazione e la necessità di guadagno dei loro stessi simili, non riosparmia nemmeno il dolore, nè le ultime volontà di che avrebbe voluto per sempre vivere finalmente sereno senza render conto più a nessuno. Fiori, fiori di plastica come di plastica è il nostro cuore, vene di fibra, sorrisi ceramici, sesso blasfemo e nulla più.
Nessun commento:
Posta un commento