martedì 3 aprile 2007

la cornetta di Zio Sam

03 marzo 2007

La telecom è in vendita, oggi voglio parlare come un politico, non come amministratore pubblico, perché non lo sono, ma come appassionato sì. Mi ero ripromesso di non toccare più qualsivoglia argomento in tal senso, pensavo che non ne valesse la pena, vista l’indifferenza che la politica attuale genera nelle persone. Ma non è giusto, ognuno di noi fa politica continuamente, la fa quando dice la sua, quando si siede ad un tavolino di un bar, quando sciopera e quando lavora. Siamo tutti dei politici, soprattutto in Italia . Ma veniamo al sodo. Sono uscito allo scoperto, come politico, perché preoccupato dell’ imminente vendita della società di telefonia, ora privata, a multinazionali straniere.

L’offerta è stata fatta da un gruppo composto da una società Americana, una messicana e da una spagnola. Ciò che mi stupisce a dir la verità è come mai non si siano presentati acquirenti Europei oltre alla ditta spagnola. Che siano diventati tutti indigenti, oppure, come dice Grillo nel suo Blog, la ditta di Tronchetti Provera, non è poi così appetibile come sembra per gli addetti al settore?. A dir la verità non sono né uomo di finanza, né tanto meno imprenditore, per cui non entro in merito ad argomentazioni economico finanziarie, che lascio gestire a persone più competenti. Quello che invece vorrei spiegare, nonostante vi siano teorie contrastanti in tal senso, è il motivo per cui, in questo ed altri casi, il nostro governo dovrebbe intervenire in qualche maniera, anche se il portavoce dello stesso, annuncia che le decisioni del c.d.a., saranno rispettate. Il mercato, e più che mai quello globale, è sacro. Non c’è più nazionalismo?, sicuramente sì ma il mercato è in continua evoluzione, per cui è necessario trovare delle strategie adeguate per affrontarlo. L’errore ovviamente è stato fatto allorché si è privatizzato un settore così delicato e strategicamente importante per l’economia nazionale.Ma si sa di errori se ne sono fatti parecchi nei tempi passati e anche recenti.
Sì perché ciò che è messo in vendita non è una semplice ditta che produce mozzarelle o calzini, no!, è come ripeto una multinazionale della comunicazione, dell’ascolto, delle trasmissioni, via etere e via cavo. Pensate quindi a come possa essere delicato il problema. Ho lavorato in questo settore per parecchi anni, quasi venti, e posso dire di aver personalmente vissuto sulla mia pelle tutti i piani di ristrutturazione interna della società di servizi, derivanti dai vari cambi societari che si sono susseguiti negli anni. Ovviamente ad ogni cambio, una marea di dipendenti restava a casa. Ma non è questo l’argomento di oggi. Cerchiamo di non uscire dal seminato. Come dicevo, il pensiero che il settore telefonico nazionale vada in mani di un’impresa straniera, mi preoccupa un po’. Normalmente in una democrazia compiuta, ove le regole del mercato siano rispettate, e ben gestite per la crescita economica del paese, il fatto che entrino ditte o multinazionali di paesi stranieri sarebbe indubbiamente un fatto positivo. Ben vengano le banche e le ditte indiane, arabe o tedesche, purché ovviamente rappresentino fonte di reddito per il Paese. Sarebbe auspicabile che si formassero delle società a capitale misto con ditte nazionali, per diversi motivi, non ultimo quello della salvaguardia dei posti di lavoro. E se proprio vogliamo dire la verità, ciò succede in tutte le parti del globo. Non è la prima volta che le ditte straniere aprono un nuovo mercato italiano con acquisizione di nostre realtà imprenditoriali, all’unico scopo di sbarazzarsi di uno scomodo concorrente,(ovviamente non è questo il caso). Cose risapute ai più, da cui, a maggior ragione ci si deve tutelare. Non ho nulla contro gli Americani o contro le loro ditte, ma come ho accennato nel post precedente, la nuova guerra non si fa con le armi ma con l’economia. Bisogna ripeto guardare al Giappone, che ha saputo riscattarsi dai disastri e dagli errori del II° conflitto mondiale affrontando con impegno la sfida di battaglie più difficili, quelle imposte dalle nuove tecnologie e dal nuovo mercato che si apre dinnanzi a noi. E’ una battaglia che ha vinto anche con l’appoggio degli U.S.A. Il Giappone è a tutti gli effetti un partner industriale di rispetto per gli Stati Uniti, anzi con l’ascesa della Cina a potenza mondiale, militare e tecnologica, la sua figura di guardiano del continente asiatico, si rafforza. E’ necessario trovare una soluzione all’imminente controllo, da parte di una ditta estera, del mercato della telefonia. Sia ben chiaro ciò varrebbe per ogni ditta straniera del settore, anche se fosse cinese o francese anziché americana o messicana e spagnola. Infatti è recente la risonanza di ingerenze nella politica d’oltreoceano da parte di imprese, sempre americane che operano in settori altamente strategici, quali da noi potrebbero essere quello della Telecom. Ciò vale soprattutto in un prossimo futuro, in cui lo sviluppo delle tecnologie d’informazione, saranno predominanti nel mercato economico mondiale.
Non sta a me ovviamente trovare una soluzione al problema, né tantomeno ne sarei in grado. L’unica mia speranza è che il settore in questione possa essere assorbito, se altro non è possibile, almeno in parte da qualche gruppo collegato alle nostre banche.


Saluti



Italo Sùris

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