lunedì 30 aprile 2007

Celestiale come un mandarino

30 Aprile 2007

Mi sono chiesto in questo periodo come mai la figura della madonna fosse così importante nella mia vita. E' sicuramente un retaggio della primissima infanzia e una dimostrazione di ciò la ho avuta recentemente, scartabellando fra le vecchie foto. Sì proprio quelle che ho deciso di inserire in questo blog. Nella vecchia e impolverata scatola di cartone, ho trovato due cose interessanti, apparentemente senza significato alcuno dal punto di vista psicologico e da quello emotivo. Ma analizzando le due figure e confrontandole, sono arrivato ad una conclusione. La figura della Vergine inviata in cartolina nel periodo che dopo prenderò in considerazione, per me doveva giocoforza rappresentare una medicina per l'anima, un prodotto curativo, intenso. Forte come potrebbe essere adesso l'uso degli antibiotici, o del cortisone, per delle determinate malattie del corpo, per infiammazioni ormai croniche, per virus infettivi. Sì avevo bisogno di pensare a qualcosa di dolce di bello, di idealizzato ed idealizzabile, una figura materna bella nel volto come mia madre, con gli stessi occhi azzurri, con gli stessi capelli biondi, ma infinitesimamente dolce, buona comprensiva. Una figura irraggiungibile, che forse ho inseguito per tutti questi anni. Forte in me deve essere stata la delusione, la rabbia, la frustrazione, forte il sentimento che provavo, come ora provo per tutti. Un sentimento di ingenua affettuosità. Già la madonna, occhi celesti che ti controllano con discrezione e non ti spiano, mani affusolate che ti accarezzano e non ti picchiano, una voce soave che ti sussurra e non ti sgrida, braccia forti che ti stringono e non ti squaotono! Seni discreti che ti alimentino e non ti soffochino. Sì quaesta era la figura parfetta, la traslazione ed idealizzazione di una vera madre. Un sogno, un bellissimo sogno che non volevo si rompesse come un cristallo, tanto era bello, nel manto azzurro. Tanto era dolce il suo volto, tanto era candido il suo sorriso. Ero troppo piccolo per far morire un' immagine di cui avevo estrema necessità per vivere, troppo fragile per riconoscere ed accettare la dura realtà. La realtà di una madre anch'essa fragile, bisognosa, piangente. Ecco le lacrime forse erano ciò che le accomunava, lacrime di dolore e di disperazione. Quante volte figure immaginarie e celestiali, mi avete aiutato a proseguire, mi avete dato la forza di continuare, di sperare, tu o Madonna e tu o Signore. Madre e figlio ma per me genitori dolci e comprensivi. Siete stati i veri genitori della mia vita, coppia discreta che mi ha adottato, sorretto, aiutato, nella mia solitudine, nella disperazione, nella mia rabbia, che torna e ritorna ciclicamente, ma che ora anch'essa mi abbandona non più compagna della mia solitudine. Adesso sono veramente solo con me stesso ed il mio coraggio. Ne hai e ne hai avuto tanto coraggio marietto, sì marietto!. Ti aiuto a ricordare quei tristi giorni della tua infanzia allorchè fosti mandato per un anno in collegio militare a Resina, vicino ad Ercolano. Luoghi incantevoli se visitati da turista, ma che per te e per altre decine, centinaia? di ragazzi sono stati per lungo tempo oscuri luoghi di prigionia. Il collegio per figli orfani di militari di guerra, era gestito da Salesiani, i sucessori di Don Bosco, ma non per pazienza, non per coerenza cristiana. Frequentavo la quinta elementare ricordo, quindi avevo grossomodo nove, dieci anni. Appena arrivammo ci diedero subito una divisa militare, il moschetto le scarpe d'ordinanza ed il basco. Ecco là forse incominciai già a capire cosa significasse ordine, ma più che ordine inquadramento o forse ideologia?. Ma che c'entra Cristo con la divisa?oppure cosa centra la divisa con i Salesiani? e gli orfani con Cristo? e lo Stato con gli orfani. Ancora adesso non capisco, mi rifiuto di comprendere. Sì eravamo diventati tutti figli di nessuno o forse figli del Governo, piccoli manipolati strumenti di guerra?? Alte mura forse di tre o più metri circondavano la villa settecentesca, magnifica immensa. Delle enormi scalinate in pietra portavano allo spiazzo dove ogni mattina, col freddo, col sole, col vento o con la neve, dovevamo con i fucili prelevati poco prima in armeria, eseguire l'alza bandiera, allo squillo della tromba. Peperepeeee! AttTentiii!; peperepeeeI, Riposo!. Battevamo all'unisono i nostri poveri piccoli piedi infreddoliti, ricoperti dalle garrette grigioverdi. Le braccia rigide in una posizione di forzatura, le mani inguainate in candidi Guanti, sorreggevano in tensione il moschetto della prima guerra mondiale con la baionetta innestata. Poi la messa , la colazione e lo studio, e di nuovo la messa e lo studio, un ppò di svago la cena , la messa l'ammaina bandiera e finalmente soli nelle brande di rozza tela in cotone, sorretta da tubolari in ferro, ormai scrostati. Sotto lenzuola di duro cotone e coperte scure di fattura militare. Quelli erano i momenti in cui socchiusi gli occhi vedevi la madonna, veniva verso di te, si adagiava nel tuo letto accanto e ti accarezzava per darti coraggio!. Quanti ragazzi sono fuggiti scavalcando di notte le alte mura, subito riaciuffati alla vicina stazione ferroviaria o più distante, dai carabinieri e riportati prontamente dai carcerieri. Li riconoscevi subito perchè rapati a zero ed isolati, privati del cinema, dei momenti di svago. Lo svago il gioco. equivalevano ad un gran campo di calcio di terra battuta, arida terra del sud. Campo di gioco ma anche di gran sofferenza. Quante volte ho dovuto percorrere il perimetro per un numero imprecisatodi volte fino allo sfinimento del corpo, che riuscivo a completare barando, tagliando di nascosto di sbieco più volte lo stesso. Quanti calci violenti ho avuto quella volta che qualcuno occupò prepotentemente il mio letto. Li ricevetti dal caro educatore vestito di nero e dal candido rigido colletto, unica cosa di candido in lui. Lo stesso che poi con mano sicura ti porgeva quell'ostia benedetta durante la funzione domenicale. Ecco dove ho imparato a conoscere l'ipocrisia umana ed il cinismo abbietto. Esperienze del passato che mi tornano utili nel presente. Uscimmo solo una volta in un anno da quelle alte mura. Per partecipare ad una processione di San Gennaro, terminata la quale, tornammo prontamente in prigione. Ecco perchè Cristo si fermò ad Eboli. Ma voglio lasciarvi col sorriso sulle labbra. La visione del paradiso terrestre!!. Separato da una rete vicino al campo sportivo, esisteva un immenso mandarineto. Da lontano vedevo i frutti arancioni che pendevano da quelle meravigliose piante, secolari, dalle foglie minute e verdeggianti. Mi sottraevo volentieri all'ora d'aria e di gioco e di soppiatto, sfuggendo al controllo degli assistenti, scavalcavo la rete e mi sedevo solo sotto uno di questi magnifici alberelli. Come profumavano quei frutti, com'erano dolci i loro spicchi. Li raccoglievo delicatamente dall'albero, e li gustavo seduto all'ombra dello stesso, chiudendo per un attimo gli occhi. Ero sereno, sapevo di non essere solo in quel momento. E voi già sapete chi ci fosse lì con me! Tornai a casa con l'orecchio sinistro quasi strappato, si rimarginò la ferita del corpo e ora spero quella dell'anima. Non trovo la cartolina della vergine inviata in quegli anni lontani ai miei genitori. E' triste, nostalgica, ma è un pezzo della mia storia.

ciao
Italo Surìs

Nessun commento:

pub-9734653329526511