venerdì 20 aprile 2007

due righe alle nuvole III


20 Aprile 2007

Lettera ad un bambino mai nato. Capitolo 3



Raramente sotto le gonne svolazzanti e ampie trovavi altro indumento che la seta della loro pelle. Quasi mai le calze scure coprivano completamente, avvolgendo in modo innaturale le cosce abbondanti e tornite, bianche come il latte, tenere come il burro focose come il sole umide come la terra. L’amore con loro era amore con la natura era come perdersi nelle viscere della terra, come entrare ognuno dei due in sé stessi in uno scambio mutevole di godimento assoluto. Come abbandonarsi alla più dolce delle morti, lunga agonia infinita sofferenza prima dello svuotamento completo del corpo e della mente, prima del ritorno dal paradiso, quando redivivi si tornava alla realtà. Ma non subito, no! Gli occhi si socchiudevano lentamente, per restare il più lungamente nel buio, per non tornare coi piedi per terra, per godere del pensiero, delle sensazioni,del calore che ancora colava sul corpo. Incuranti di tutto e di tutti, felici solo d’essere nati, di essersi incontrati anche se non conosciuti, anche se ognuno sarebbe andato per la propria strada. Né indirizzi, né numeri telefonici, né nuovi appuntamenti, sicuri d’incontrarsi nuovamente chissà quando chissà come ma sicuri di riappropriarsi dell’altro. Era l’ordine delle cose, il richiamo della natura, il volere Divino che avrebbe di nuovo provveduto a farci nuovamente incontrare, forse non lì, forse non subito; ma ognuno di noi sapeva che nelle nostre menti erano state registrati messaggi ed emozioni non più cancellabili. Dove sei donna dai seni prorompenti dai larghi fianchi, dal generoso corpo pronto al mestiere per cui sei stata creata? Mamma ed amante, sorella e figlia, amica e padrona? Serva e signora? Sei volata via come i miei sogni, sei definitivamente sparita dalla mia vita, non avevi promesso che saresti tornata? Non avevi lasciato il sapore della tua carne sulle mie labbra?e i segni dovuti all’energica stretta delle tue cosce sul mio corpo? Ora non mi resta che il ricordo, vivo di ricordi, muoio di ricordi, mi alimento di ricordi. Donna qual è il tuo nome?, dove posso ritrovare il piacere che mi hai concesso, i momenti di serenità che ho perso per sempre in cambio di disperazione? Come avrei voluto in questo momento essere ancora con te, sulla spiaggia di Nettuno o sul lungomare di Ostia, oppure a passeggio lungo l’Appia antica, ammirando i raggi del sole filtrati dai pini marittimi, annusando l’odore della salsedine marina, trasportata dalla brezza di primavera.


Al prossimo capitolo



ciao

Italo Surìs

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