martedì 24 aprile 2007

Due mondi sconosciuti


23 Aprile 2004

Mi sono svegliato come ogni giorno , alla stessa ora, sebbene potessi star tranquillamente a letto ancora una mezz'oretta. Avevo chiesto ferie a scuola, un altro impegno mi aspettava. Dovevo essere ad una riunione, in consiglio regionale. Fra le cose da trattare, le dismissioni del demanio pubblico, delle vecchie caserme per intenderci. Non eravamo in molti della comissione delle servitù militari, di cui sono membro effettivo. Il numero di membri presenti oggi, non era superiore a cinque. D'altronde non era così importante che ci fossimo tutti, non avremmo infatti potuto intervenitre in consiglio. Siamo stati chiamati come osservatori, a presenziare a vedere ad ascoltare. Mi sentivo come un pesce fur d'acqua nella stanza dei bottoni, eppure c'era tanta gente che conoscevo. Personaggi politici famosi in regione, che hanno trascorso l'infanzia con me, o che ho conosciuto in attività diverse dall'attuale. Una figlia di un combattente della seconda guerra mondiale, insignito con la medaglia d'oro, che abitava a Sacile a tre passi da casa mia. Presidenti di comunità collinare, conosciuti anni addietro; ma anche la Presidentessa di un' associazione politico culturale, il vicegovernatore che ho conosciuto allorchè era sindaco. Un mondo affascinante, donne consigliere in abito elegante, uomini in giacca e cravatta, giovani addette abbigliate con una divisa blu scura e con un nastrino tricolore, stretto all'altezza dell 'avambraccio sinistro. Uomini raffinati, abbronzati, attenti, seduti ai loro banchi, ascoltavano le interpellanze dell'uno o dell'altra collega, chi scrivendo e prendendo appunti, chi invece trasferendo i dati direttamente sul computer. Altri invece erano occupati a telefonare, a comunicare dati, trasmettere impressioni, attraverso quel minuscolo magico involucro parlante, chiamato cellulare. Nell'androne un frenetico andirivieni di usceri. Addetti ai piani, camerieri o addetti alla sala, provvedevano a dissetare gli oratori, porgendo loro bicchieri colmi di acqua minerale. Sulla destra del lungo corridoio, il bar al primo piano era pieno all'inverosimile, mentre l'unico barista, preparava con frenesia caffè su caffè di una marca assai nota in regione. Presso la sala gialla, un gruppo di cineoperatori della rai stava preparando le macchine da presa concitatamente. Fotografi salivano su sgabelli di fortuna per immortalare nella foto da sbattere in prima pagina, questo o quel politico , io noncurante giravo per il corridoio circolare, ammirando affascinato, ma anche stupito ciò chemi circondava. Era un mondo così lontano vago, quasi posticcio, frequentato da persone che si muovevano ad un livello diverso dal mio, piccolo uomo intabbarrato nel suo gessato grigio antracite; il collo stretto da una cravatta a righe argentate trasversali e dal nodo sproporzionato alla lunghezza della stessa. Giravo per il corridoio della sede regionale, con in mano una borsa di tela marrone. In essa pochi documenti, un libro di cucina regionale Friulana comprato dal giornalaio lì sotto assieme al quotidiano del giorno. Guardavo incuriosito le pareti in stucco veneziano, di tinte diverse alcune sul giallo, altre sul verde e su queste quadri d'autore a me sconosciuto. Su ogni targhetta affianco alle porte d'entrata di alcuni piccoli ambienti, vi erano impressi i nomi di chi occupava l'ufficio: dott. taldeitali, dott. pincopallino. Con tutti questi dottori, mi son detto, la nostra salute sarà sicuramente salvaguardata!. La sala dell'auditorium era in posizione centrale e su di un lato della stessa, era stata ricavata una piccola sala di registrazione, i cui occupanti potevano osservare la sala del consiglio in modo diretto, attraverso un vetro. La stessa aveva le pareti ricoperte da boserie in legno e un'enorme quanto brutto lampadario troneggiava al centro del soffitto. Sembrava fatto di vuoti di bottiglie di vari colori, riciclati. I sedili in pelle erano posizionati ad arco, come nella più tradizionale delle configurazioni di un anfiteatro. I gradini che facevano accedere ai posti inalto, quelli panoramici erano ricoperti da moquette di color verde pisello. Il mio posto era quasi centrale sull'ultimo gradino, e davanti a me era posto il microfono estraibile da una botola celata nel piano d'appoggio, la pulsantiera per le votazioni e l'auricolare per ascoltare la voce della persona che traduceva in contemporanea, l'intervento del consigliere di minoranza slovena. In modo veloce preciso, professionale, il presidente del consiglio regionale, dopo un breve saluto, ha concesso la parola al Governatore, al Ministro e a vari partecipanti. Poi l'intervento dell'opposizione. Qualche foto, l'interpellanza di una guerriera nostrana la quale ha indicato come esempio la vicina lombardia e dopo circa due orette abbiamo tolto le tende. Ho ripreso la mia borsa di tela, dove avrei preferito ci fosse stato un bel panino al salame, ho dato una stretta al nodo bizzarro della mia cravatta e poi sono sceso in strada. Fuori, a Trieste, il sole brillava alto nel cielo, non aveva tempo da perdere ho pensato. Aveva cose importanti da fare. senza di lui il mondo si sarebbe realmente fermato, e senza di noi?, sicuramente avrebbe accelèrato! Ho guardato lontano verso il mare, ho pensato a mio figlio, che stava studiando nella vicina università d'ingegneria, con i muri scrostati e sporchi, senza attrezzatura, nè usceri, nè bar interno o stucchi alle pareti o quadri d'autore. Non insegnanti a disposizione per i ragazzi, non banchi in pelle e nemmeno a sufficienza, quelli normali. Nessun microfono, nessun auricolare nè pannelli elettronici alle pareti, nè bouserie ai muri, sudici come i pavimenti. Computer in numero insufficiente, maltenuti sporchi, le bacheche impolverate, le porte e gli accessi incustoditi. Probabilmente mi son detto per tornare indietro nel tempo bastano poche centinaia di metri. Ho pensato ai doppiopetto, ho guardato i sorrisi dei ragazzi, i sorrisi incoscienti e speranzosi di questi nostri magnifici studenti costretti all'espatrio e ho pensato: " No!, quel mondo da cui sono appena uscito non è il mio". Ho alzato lo sguardo verso il cielo, ho inspirato profondamente l'aria satura di salsedine, mi sono girato verso la sede regionale, e in silenzio, frettolosamente come sono arrivato, mi sono allontanato!.


ciao

Italo Surìs

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