giovedì 26 aprile 2007

el piasèr de piasèr

25 Aprile 2007

Un giorno a Venezia I°



Ciao a tutti, sono appena tornato da Venezia, la giornata è stata stupenda il sole splendente, ha reso la giornata calda, 20° C. Abbiamo camminato fino a sfiancarci per le calli e le piazze di questa millenaria città lagunare, collegata a terra ferma da un ponte costruito durante il periodo fascista. Ho pensato che sarebbe stata forse più affascinante se fosse rimasta com'era 60,70 anni fa. Isola in laguna lontana dalla contaminazione dellindustrializzazione, dalla calata in massa dei moderni travestiti da turisti d'ogni nazionalità, priva di banchetti che vendono prodotti posticci, maschere di cartone pressato, vetri fatti industrialmente stampe xilografate incorniciate da legno pressato e verniciato con porporina color oro. Studenti bloccati su cassette di plastica in un immobilismo statuario e giovani mendicanti abbronzati da lampade nei solarium. Bar pizzerie napoletane, ristoranti cinesi, gondole dai fregi di plastica e dallo scafo di vetroresiana. Ambulanti venditori di gelati con carretti d'acciaio luccicante sotto i raggi del sole, cani randagi attaccati ai padroni anch'essi erranti senza meta diretti frettolosamente un'inutile corsa contro il tempo per impossessarsi dei colori svampiti di una Venezia ormai scomparsa nell'oblio dei secoli. Volti e corpi dalle fattezze orientali, ma non fasciati da splendidi turbanti di seta o da lunghi abiti impreziositi da ricami. Miscuglio di razze che camminano sorridenti parlando fra loro in idiomi sconosciuti in una babele di linghe e di suoni dolci suadenti duri o gutturali. Fermi su ponti a ammirare il passaggio di barche dalla forma assimetrica, governate sapientamente col piedede e le braccia da un forte ragazzo dal camice a striscie e da un buffo cappello di paglia calzato sul capo e bardato da un nastro colorato. Lunghe carovane di gondole itineranti lungo passaggi obbligati di un nuovo deserto composto, non da finissima sabbia, da palmeti, da oasi e pozzi ma da canali, labirinti di putrida acqua mista a salsedine, fogne a cielo aperto, arrogante dimostrazione di superiorità di autosufficienza, di unicità ed egocentrismo a dispetto d' ospiti ignari. Mancanza di tatto di rispetto di riconoscenza, irriguardoso predominio del profitto sulla vera ospitalità. Acque mortificate, nere non solo di feci ma di rabbia di bile di vergogna nei confronti di coloro che da immemore tempo hanno protetto, che hanno salvato dalle razzie da terraferma da parte di barbari assetati di sangue, di ori, di sesso, perpetrato su donne e bambini, vittime innocenti con la paura trasmessa nel tempo e tutt'oggi impressa negli occhi e trasmessa nella mente. E che sanno che mai più si cancellerà, se non con la pace che viene con la morte: Unico placebo di ansie ancestrali. Strade d'acqua stagnante, percorse da barche strapiene di gitanti dal volto giallo degli ultimi turisti, nuovi ricchi venuti dall'asia, da quel magnifico paese in via di sviluppo. Miliardi di piccoli uomini pronti ad invadere e a calpestare per la gioia dei commercianti di cianfrusaglie le pietre capelpestate una volta da Dogi, dame, grandi signori d'altro tempo con i volti celati da maschere , dai visi incipriati, calzanti lucide scarpe con fibbie argentate, candide calze che finivano al ginocchio e sovrastate da calzoni impreziositi da ricami, da merletti da gioielli. Come sicuramente dev'esser stata più bella mi son detto Venezia la città di Marco Polo, di Casanova, dalle bettole e dai locali frequentate in incognito da nobili signori e signore travisati negli abiti e nel volto in cerca di stuzzicanti avventure di esperienze particolari di eccitanti trasgressioni. Una fuga dalla realtà dal tran tran familiare dall'opprimente e mediocre vita di coppia. Dame bellissime in cerca d'amore, spudorato e appassionato rapporto carnale con marinai incalliti scaricatori di porto, giovani garzoni, carpentieri, amori consumati dietro portoni socchiusi di giorno, nell'oscurità di androni. Amanti a malapena celati alla vista dei passanti frettolosi, di donne, casalinghe distratte, dirette frettolosamente al mercato vicino. Oppure spudoratamente avvinghiati in piedi, appoggiati al muro di un convento, di un palazzo cinquecentesco, in una calle, su un portone di legno massiccio verniciato di verde e le cui borchie in ottone raffiguravano teste feroci di leoni ringhianti, gelosi di ciò che stava accadendo sotto i loro occhi di bronzo.. Dame accovacciate, inginocchiate, supplicanti, con il volto affondato nello spazio creatosi fra le vesti, scivolate sui fianchi di corpi statuari, colte dal frenetico desiderio d'impossessarsi della gioventù che stava loro sfuggendo, suggendo rinnovata fluida energia dal corpo della giovane vittima di turno. Magnifiche dame dalle ampie scollature, dalle anche generose e capienti, messe in evidenza dai corpetti stretti ai fianchi, seni impreziositi da camiciole di candido filo di cotone lavorato a merletto. Lunghe gonne a pieghe, cadenti a campana fino ai piedi calzati da morbide scarpette di stoffa, generalmente velluto. Donzelle ridenti, sorelle e figlie di vetrai di osti di barcaioli o pescatori. Che si muovevano gioiosamente ammiccando, con lo sguardo malizioso, ai loro Bepi o Toni o Gigi; insomma al loro ragazzo, con cui si appartavano nelle barchesse o sotto i ponti, o nelle buie soffitte nei sottotetti abitate dai bianchi colombi anch'essi eterni morosi tubanti, loro pure candidi di piume e di cuore. Antica Venezia, dove il dialetto del nostro Goldoni era la lingua più gioiosa del mondo, la si sentiva al mercato del pesce, ove venditori capaci e attenti piazzavano alle signore, alle serve, ai vecchi nobili o ai loro maggiordomo, la fauna preziosa pescata nei bassi fondali. Peoci, granseole, renghe, canoce, sardele, saraghi, boseghe ecc.ecc. Ecco è la Venezia del Canaletto
quella che ho nella mia mente, mentre migliaia di persone dalle figure più diverse fra loro, dagli idiomi e lingue incomprensibili, passano al mio fianco distratte, fotografando, appropriandosi smembrando l'integrità di una città che sta per morire. Una città che ha vissuto tempi migliori, più fiorenti, più intensi culturalmente, in cui da tutt' Europa arrivavano le menti più raffinate, gli uomini più colti, i musicisti più dotati. E che ora viene inzozzata da sugo di pizza, merde di cani, latte lattine stracci, carta, piscio e da escrementi umani. Questi sono i tempi moderni, che nessuno vuol cambiare, per paura di perdere il passato di cartapesta.
Giovanni Antonio Canal (Mestre, 7 ottobre 1697Venezia, 19 aprile 1768) è stato un pittore e incisore italiano; meglio conosciuto come il Canaletto, fu noto soprattutto come vedutista.






Giambattista Tiepolo, o Giovanni Battista Tiepolo (Venezia, 15 marzo 1696 - Madrid, 27 marzo 1770), è stato un pittore ed incisore italiano.
Il suo
stile grandioso viene caratterizzandosi come sofisticato e iperbolico, in un senso tipicamente settecentesco
ciao
Italo Surìs ( Sacile, 25 gennaio 1951- Budoia quandoverrà) Il suo stile fresco, originale sia nel disegno che nelle sue opere , lo rende alquanto eccentrico, e discusso creativo.

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