mercoledì 18 aprile 2007

due righe alle nuvole II^

18 Aprile 2007
Due righe alle nuvole I^

Lettera ad un bambino mai nato; Capitolo 2

Devo anche dire che il rapporto fra me e Francesca non era più quello di una volta, qualcosa era cambiato fra noi. Una mutazione lenta, costante, aveva fatto in modo che le nostre vite fossero come vissute separatamente, senza più condivisioni, senza interessi in comune, senza spazi per gioire o tornare a far l’amore nei campi come quando ci siamo conosciuti. Ah sì quando ci siamo conosciuti, come ci siamo conosciuti; anche questo è stato così banale, normale scontato. Avrei sempre desiderato d’incontrare la mia donna, la fata dei miei sogni, in un’occasione speciale, in un momento particolare, in un periodo fatato della mia esistenza. Non so, ad una festa di ballo organizzata dagli amici e dai soci della banca di papà, oppure in aereo, sì proprio in aereo, strano vero?; avevo sempre sognato di possedere un’hostess, come quelle che si vedono nei film, dal viso d’angelo e dal corpo mozzafiato. Bionda abbronzata, gentile sorridente, colta, provocante sensuale. Non ho mai avuto un rapporto costante con le donne, solo avventure durate il tempo di una scopata, di uno o più rapporti carnali. Sì unico mio reale interesse è sempre stato il desiderio di scaricare l’eccesso d’energia accumulata, nel modo più naturale, il più gioioso; nell’intenso e coinvolgente gioco del sesso. Non mi sono certo mancate le occasioni all’università, le ragazze che frequentavo a Milano erano studentesse disinibite, che più di Dante amavano l’amore più di Aristotele, il petto villoso dell’uomo, più che la filosofia e la pedagogia o la psicologia, la ginnastica a due, sul letto in bagno, in cucina. Sì questa era la vera materia di ogni giorno che imparavamo da soli, in coppia in gruppo, di giorno e di notte. Sesso, ma mai amore. Godimento, ma mai felicità. Sfinimento, ma mai benefico rilassamento. Cinque anni di continui festini, di bagordi, di goliardici incontri, cinque anni d’asfalto di buio di grigio di fumo in una regione lontana civile ed industrializzata. Ma sempre con il vuoto nel cuore, sempre con un profondo senso di nostalgia. Mi mancava Roma, caput mundi, la mia Roma, il suo fascino millenario, il dialetto, la sua gente, le sue donne prosperose, ciociare d’altri tempi, forse ignoranti, forse ruspanti, ma meravigliose amanti appassionate. Donne nate nella libertà assoluta, prive di condizionamenti, di tabù di remore, femmine per meglio dire pronte sempre a far all’amore e che già negli abiti larghi e privi di inutili costrizioni sottolineavano questa gioiosa tendenza. Sempre le stesse voglie, gli stessi desideri, la naturale energia di donna che veniva costantemente in superficie, la voglia di procreare, di allattare, d’ essere madre.

Alla prossima puntata!


ciao

Italo Sùris

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