martedì 17 luglio 2007

uno specchio e due monili



17 luglio 2007


E’ un macello, un caos, mai come ora il Governo ci ha dato prova delle sue divisioni interne, delle contraddizioni di fondo che lo caratterizzano, che si fanno evidenti ormai a tutti i cittadini. Il contendere? A prima vista è l’abolizione dello scalone, ma sicuramente è un falso problema.
Sono più giorni che leggo un pò stupito di ciò che si chiede ai neo pensionati, quelli cioè che avrebbero potuto,come tutti gli altri andare in pensione, ma che i nostri cari governanti vogliono per chi sa quale motivo, far in modo che restino a tutti i costi. Ovvio che alla base di tutto, ci sono conti che non tornano, ma quali? Sembrerebbe che il futuro di un’Italia in sfacelo dipenda solo da quelle 130.000 persone che, non compiendo cinquantasette anni entro dicembre del presente anno, sono costrette a rinviare la quescienza per uno o più anni. Per un patto generazionale dicono, come se costoro, come ha scritto un operaio in una lettera pubblicata sul quotidiano la Repubblica, non avessero mai versato i contributi, per sè o per quelli che li hanno preceduti. Che siano essi minipensionati o medi o maxi pensionati, senza scordarci degli extralarge. Leggevo però che il problema è più complicato, si tratta alla fine di rientrare dal deficit pubblico, ora al 107%. Unico paese in Europa ad averlo così alto. Inoltre anche se ci si riuscisse, servirebbero poi ulteriori entrate, equivalenti allo stesso importo, per far fronte all’ammodernamento del sistema Italia. Pensate, ognuno di noi ha già sulle spalle un debito di circa cinquantamila Euro, è come se non Avessimo fatto nulla in questi anni, come se la casa, pagata con i sacrifici di tutta una vita e con interessi da capogiro, non ci appartenesse, ma appartenesse allo Stato o a chi per esso! Questo signori è il vero nocciolo del problema, il resto sono tutte balle! Ce n’è per duecento anni di tasse e sacrifici. Fra cinquant’anni infatti dicono subdolamente che un giovane dovrà mantenere in pensione, due persone di sessantasei anni. Ecco l’idea geniale,il ragionamento dei nostri cari politicanti da quattro soldi: “non mandiamo in pensione coloro che dovrebbero andarci, in modo che sopperiscano ai versamenti dei giovani. Giovani ai quali abbiamo tolto, tramite la così detta flessibilità, la possibilità di crearsi un futuro ed una conseguente pensione decente. Ma visto che ci siamo, abbassiamo anche l’importo della stessa sia all’uno che all’altro, portandole al 60% del valore della paga. In poche parole, freghiamo i soldi a chi è costretto a subire, ai più deboli, giovani o vecchi che siano!. Pensavo che un’economia dovesse per crescere, rinnovarsi, cercando di conquistare il mercato agli altri. Supponevo che fosse logico aumentare il numero degli occupati e delle ditte presenti sul territorio, in modo che aumentassero gli introiti per lo Stato, che si richiamasse l’attenzione dell’imprenditoria estera, invogliandola ad investire in Italia, combattendo il malaffare, la mafia, il pizzo, l’ingerenza politica negli affari, le frodi e creando un mercato il più possibile privo di storture e di eccessi. Ritenevo fosse più corretto incentivare economicamente nuove proposte imprenditoriali, nuove idee, migliorare la ricerca, aumentare le paghe, incentivare le idee, i risultati, impedendo alle nostre migliori menti di fuggire all’estero, aiutando quindi lo sviluppo e premiando la meritocrazia. Alla fine la storia delle pensioni, ha fatto emergere la verità: siamo nella cacca!!, sì l’Italia sta fallendo come Stato, pochi italiani invece all’incontrario si arricchiscono violando le regole di una inesistente democrazia. Ma dico io perché non si diminuiscono o si bloccano le pensioni a coloro che godono di importi elevati?, o come si fa già all’estero si vendono i beni di coloro che vivono alle spalle dello stato, Gente che pur straricca, si è potuto verificare che non ha mai versato una lira nelle casse dell’Erario? Perché non si impedisce a chi è in pensione di fare un secondo lavoro, non dichiarato, levando spazio ai giovani? Li obbligheremmo a rimanere, a continuare a lavorare perlomeno. Perché si permette alle grosse ditte di evadere l’iva e le tasse? Perché a uno che non paga non gli si chiude per sempre l’attività, e lo si manda in galera come hanno fatto in America con il nostro Al Capone? Perchè non si va nelle banche Svizzere o dei paradisi fiscali a controllare il movimento del flusso del danaro? Perché non si mandano a casa o meglio in galera per sempre, alla tregua di criminali, tutti i politici corrotti e non se ne diminuisce drasticamente il numero? Semplice perché ciò lo potrebbe fare solo un uomo forte, quello che tutti desiderano, anche per l’Italia, ma che se un giorno sarà al Governo, dovrà far versare lacrime amare a tutti e non solo a chi di lacrime non ne ha più. E’ indispensabile incentivare nuove nascite, per aumentare il numerosi giovani e di conseguenza la popolazione in un prossimo futuro. Per far ciò è indispensabile una buona politica per la famiglia, e eventualmente stimolare l’immigrazione di persone che desiderino restare in Italia per tutta la vita e possibilmente, che abbiano una prole numerosa. Mi par di capire alla fine che il problema è molto più grave di quello che in apparenza ci vogliono far credere. L’Italia è come un iceberg di cui se ne vede solo la punta, ma la parte più consistente e torbida sta sotto, è sommersa nell’oscurità delle acque. Chissà il futuro quali sorprese ancora ci riserverà. Questa Italia ed il suo sviluppo è stata una delusione è come se fosse cresciuta una bolla di sapone che ora si sgonfia improvvisamente mostrando tutti i suoi limiti. La triste realtà di un paese con dei Governi che illudendo con specchietti e monili di vetro gli indigeni, ha depredato i forzieri di tutta la comunità. Per questo ora dobbiamo ringraziare tutti i Pizzarro nazionali.


Il termine spagnolo Conquistadores (trad. it. Conquistatori) è comunemente usato per riferirsi ai soldati, agli esploratori ed agli avventurieri che portarono gran parte delle Americhe sotto il dominio coloniale spagnolo tra il XV e il XVII secolo.



Italo Surìs

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