domenica 1 luglio 2007

Una venere allo specchio





01 luglio 2007


Lo specchio

Com’è corto quel gonnellino bianco, leggermente svasato che civettuosamente hai indossato guardandoti allo specchio, uno specchio ingrato che non faceva certo onore alla tua bellezza.

Ti immagino sorridente mentre muovevi il tronco spoglio da ogni indumento, e roteando il tuo busto sui fianchi, appena accennati, guardavi soddisfatta il tuo giovane corpo ignudo dalla vita sottile.

Rimiravi i tuoi minuscoli seni sodi ed eretti come eretto è il portamento di giovane donna dalla pelle ambrata, vanitosa fierezza di una donzella consapevole della propria bellezza.

Sapevi che il bianco avrebbe risaltato il colore della tua morbida pelle, lucida pelle di una donna felice di gioire degli anni della sua verde esistenza.

Ho visto lo specchio estasiato dinnanzi a tanto splendore, l’ho visto sorpreso, ammiccare voglioso al fascino di tanta bellezza, bloccato ed accecato dalla luce riflessa nei tuoi magnifici occhi.

Un amico compiacente, unica figura maschile presente nella tua vita, a cui possa confessare i tuoi desideri reconditi, chiedere consigli paterni, mostrare le tue grazie senza apparente timore.

Quante volte uscendo dall’acqua profumata di rose, come una dea che sorge dalle limpide acque di un’immensa fontana di candido marmo, hai rimirato vanitosa davanti alla lucente superficie dello stesso, il tuo corpo di acerba amante.

Quante volte davanti a quel vetro ammutolito di stupore per tanta meraviglia, hai sorriso di gioia vedendo riflessa ogni curva del tuo corpo armonioso, girandoti maliziosamente porgendo le terga all’amico incantato, impaziente ed impazzito per il desiderio represso.

Mentre felice con le tue mani aggraziate e filiformi sostenevi, accostando fra loro, e sollevando verso il cielo, i seni che avresti voluto più abbondanti, ma che invece farebbero la gioia di labbra di trepidanti, giovani amanti.

Specchio unico amico a cui è stato permesso d’entrare nella tua vita, a cui è concesso di godere della più dolce visione in una terra distratta; la silhouette del tuo corpo visto di fianco nella sua interezza. Un’alternarsi di curve dolcissime, che chiunque con qualsiasi mezzo avrebbe voluto percorrere lungamente per tutta la vita.

Come anche il testimone animato della tua intimità, avrebbe voluto gridare la sua incontrollata ammirazione e il desiderio di possedere degli arti per poter accarezzare il tuo pube appena appena ricoperto di impercettibili riccioli scuri.
Parte del corpo, volutamente proteso in avanti , verso di esso, alla mercé del suo insindacabile giudizio. Che tu sapevi già a priori generoso, perché non si può non amare e non baciare un bocciolo in fiore.

Ecco ora sai che sei pronta per fasciare la tua aggraziata figura, con quel completino bianco. Due minuscole strisce di stoffa dello stesso colore dei tuoi denti di perla, che risaltano sul volto delizioso e di un magnifico colore di miele caramellato.

Quanta rabbia avrà avuto quello specchio, crocefisso per sempre a quel muro, quanta ira incontrollata per non poterti stringere e accarezzare mentre gli offrivi inconsciamente in visione le tue grazie; quelle di una regina del Nilo.

E’ triste il destino di uno specchio obbligato all’eterna immobilità, destinato per tutta la vita a soffrire in silenzio, senza mai poter baciare una magnifica bocca carnosa, né accarezzare morbidi carni di una aggraziata bellezza felina.

Rompiti specchio, fatti in mille pezzi!, ribellati a questo ingrato destino, la morte lo sai è mille volte meno dolorosa di un eterno supplizio. Ma sai che ciò sarebbe un’inutile inganno, una menzogna, una disperata fuga dalla reale bisogna.

Rassegnati vecchio pezzo di inutile vetro a dover per sempre soffrire, immobile, appeso come un cristo sulla sua croce.
La sua immagine è ormai impressa nei sali d’argento della tua mente che, andando in frantumi, non farà altro che moltiplicare all’infinito con i pezzi, la figura del suo corpo aggraziato e con questo, il ricordo straziante di una dolce madonna, che mai potrai avere.

Italo Surìs




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