venerdì 25 aprile 2008

il prezzo di una vita

24 aprile 2008

Anno zero in tutti i sensi. La trasmissione di stasera ovviamente non più a carattere prettamente politico, ma con lievi sfumature e accenni alla corresponsabilità fra alcuni politici e la malavita, è stata come un pugno nello stomaco. Un cazzotto che ha sicuramente lasciato senza respiro per molti minuti parecchia gente, me compreso, all’oscuro di tutto ciò che si muove nel sottobosco della criminalità organizzata, che ormai come una piovra, si è immessa nel circuito legalizzato dell’imprenditoria a doppio petto, quella del nord.

Non sono né Saviano, né un giornalista, ma un semplice cittadino che come tanti incomincia a temere per il proprio futuro, per la legalità che ormai sembra sparita da intere zone del nostro paese e dalle accuse e testimonianze che solo poche ed isolate voci di uomini responsabili e coraggiosi, hanno il coraggio di rendere pubbliche. Ho analizzato e ponderato i messaggi e le notizie che più hanno caratterizzato la trasmissione e mi sono fatto un’idea di come percepiscano in meridione lo Stato, i cittadini di quelle disperate regioni. Vero è che, per quello che sostiene lo stesso scrittore di gomorra, come è stato peraltro confermato da alcuni intervistati in paesi del casertano, la malavita si è sostituita allo stato e all’imprenditoria locale. Ma non dimentichiamoci che i politici locali, e non, vengono pur sempre scelti dall’elettore.

E’ inutile poi piangere, quando le mozzarelle non sono più vendute perché piene di diossina, come altrettanto stupido è cercare, sempre che si possa, di recuperare uno stipendio non dato o cercare un nuovo lavoro in un sistema basato sull’intimidazione e la paura. Certo i bassi di Napoli sono come potrebbero essere alcuni capannoni nella provincia di Treviso e nel Veneto opulento, luoghi in cui vengono ammassati, giorno e notte, clandestini che lavorano per poco o quasi per nulla e che a loro volta sfruttano nello stesso sistema, l’unico che conoscono per sopravvivere, altri concittadini chiamati dai paesi d’origine. Parlo di Cinesi come di rumeni o albanesi, ma anche d’indiani o filippini. Domandiamoci, chi compra il prodotto della loro fatica?

I piazzisti e i venditori ambulanti non autorizzati, o vi è qualche organizzazione legale o illegale che gestisce l’intero sistema?. E’ difficile pensare a qualcosa di sporadico. Decine d’operai ed operaie che lavorano e soggiornano illegalmente, producono parecchi pezzi al giorno, e la loro paga, se pur miserabile, sarà sicuramente legata alla produttività di ognuno di loro. Lavoreranno sicuramente a cottimo, e non è detto che fra i clienti non ci siano anche dei grossisti o degli imprenditori manifatturieri che approfittano della situazione, inserendo sul mercato il prodotto ad un prezzo decuplicato. E’significativo il caso del sarto cinese che in una notte aveva realizzato un abito da sposa, venduto poi da uno stilista ad una giovane donna del mondo dello spettacolo.

Siamo arrivati al punto di non ritorno, il sistema è diventato come un cane che si morde la coda. Il fatturato ed il potere sono i moventi che diventano alibi per generare un mostro che divora chi lo genera, una madre che crescendo fagocita i propri figli sacrificandoli all’illusione di un impossibile riscatto sociale. Ma è una chimera, si fugge dal fango acquitrinoso delle risaie per giungere a seimila o più chilometri nella melma dei sotterranei di lager clandestini, in cui gli attuali kapò, stordiscono con alcool o droghe di duro lavoro e illusorie speranze, requisendo in taluni casi i passaporti, i connazionali, facendoli lavorare strenuamente per parecchie ore della giornata oltre il consentito. Facendoli poi rincominciare, dopo alcune ore di sonno e rifocillandoli con qualche cucchiaio di riso, mentre donne giovani e piacenti perdono, a pagamento, la freschezza della loro gioventù, sui marciapiedi o nelle stanze di luridi motel lungo le larghe strisce d'asfalto frequentate da camionisti, impiegati o da giovani timidi che vogliono essere iniziati al piacere del sesso. Caserta uguale a Treviso o Vicenza? Chissà, mi viene il dubbio che qualcosa alla fine accomuni le due realtà: " a’ mmunnezza!"


Italo Suris

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