venerdì 22 giugno 2007

lo smalto della vita






20 giugno 2007

La vita si sa non è fatta solo di parole, anzi almeno per me contano di più le immagini, le espressioni del viso, gli atteggiamenti del corpo. Non per niente amo questo lavoro, quello dell’artista del creativo. Ed è anche questo il motivo per cui scrivo, scrutando le immagini appunto. Certo perchè io mi comporto come una macchina fotografica, mi sento una fotocamera digitale, blocco l’istante nella mia mente, impressiono la pellicola nell’attimo fuggente. L’espressione di un volto,in un preciso e definito momento, la posizione di un corpo, le pieghe di una bocca, di donna o di uomo che sia. Sono le pieghe di questa parte del corpo a farmi intuire, e scoprire cosa si cela là nel profondo di ognuno di noi. Immortalo uno scorcio di panorama, un cibo un piatto, animali o solo dei chiaroscuri. Foto e immagini tutte che rappresentano poi le profonde emozioni della nostra esistenza. Sentimenti fattisi espressione, momenti ben definiti di ciascuno di noi; che siano essi sereni o contrastanti, di rabbia o di delusione, di sfida o di rassegnazione. Ogni espressione emotiva ha la sua maschera, che l’uomo inconsciamente si pone sul volto. Un calco di gesso o di cartapesta, che solennemente si può rappresentare, su tela, su pellicola o su pietra. Ma anche su un foglio di cellulosa e attraverso dei pixel, su un monitor LCD. So finalmente ciò che rende un uomo artista invece che altro, è la sua sensibilità, il desiderio di empatia, di entrare anche se non accetto nel cuore del prossimo, per piangere con lui, per condividerne le gioie ei dolori, per aiutarlo a soffrir di meno. Già perchè,non mi stancherò mai di dirlo e di riaffermarlo, la vita è un lungo calvario per ciascheduno di noi. Un interminabile calvario, una interminabile notte completamente buia, squarciata soltanto da fievole luce. E’ questa luce che sta a noi prendere al volo, godere di essa , senza sprecare il tiepido calore che da essa sprigiona. Illuminando ciò che ci è attorno, i volti di persone a noi care, che il nostro orgoglio, anche in piena luce, ci impedisce di vedere. E’ fioca ed infrequente la fiammella che ci viene concessa, insufficiente è vero a carburare il motore del cuore in modo completo, ma è una candela che se tenuta pulita con sentimenti fraterni, permette di percorrere assieme e serenamente il lungo tragitto di vita che si scorge all’orizzonte.

La prima immagine di questa nuova serie di post, è un’immagine tratta da un libro di cucina. Non l' ho inserita solo perché questa idea mi è venuta proprio osservando la stessa, ma anche per il fatto che, sia il cibo quanto l’immagine, possono essere analizzati e valutati sotto diverse angolazioni ed aspetti. L’immagine può parlare non esclusivamente dell’uomo che l’ha creata ed inserita in un testo o in un sito, ma anche studiandone le componenti, può svelare molte cose dell’oggetto stesso e sul motivo per cui è stato scelto. Io scelgo il cibo perché può intrinsecamente dare messaggi più disparati. Può significare, amore se si pensa al latte materno che suggemmo da neonati. Può prendere il significato di benessere, di abbondanza, di povertà, di allegria, di generosità, di carità. Quanti significati e interpretazioni si possono dare anche al modo di servirlo; elegante, trasandato, sufficiente, impegnativo, altolocato cameratesco etc. etc. O solo al metodo e dal sistema di bandire la tavola o ai recipienti e alle vettovaglie usate, alla coreografia che si crea. L'apparecchiatura della tavola, sembra una cosa semplice, che si fa autonomamente, senza pensarci. E' un sistema invece che il nostro cervello ha già analizzato abbondantemente, inconsciamente. Ecco allora che per il figlio facciamo la torta migliore, porgendola in piatti e abbinandola a leccornie e bevande, mentre per l'ospite antipatico, non abbiamo altro da offrire che semplice caffè.

Ciao

Italo Surìs
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