domenica 17 giugno 2007

Due righe alle nuvole XII^


17 giugno 2007

Lettera ad un bambino mai nato. Capitolo 12

Forse che ha impedito agli altri esseri, agli altri animali della natura, di farlo? No! perché tutto ciò fa parte del creato è della volontà Suprema!. Non è ammissibile, non ci credo, non può esso, il Divino, creare la natura che vedo qui attorno, per poi impedirmi di procurarmi piacere attraverso il mio corpo, che esploro ed eccito, pensando a loro, ai miei fiori, alle bellezze che ho lasciato a Roma e che vorrei qui con me per godere della loro presenza, del loro corpo, in questa incantevole e verdeggiante garsonnerie. Distendendo ognuna di esse sopra un letto di morbido muschio, e reclinandone il capo su un soffice e profumato cuscino di fiori, di primule o di piccole margherite bianche. E’ pensando a loro che rendo la terra fertile col mio seme!. Sì come fanno gli uomini di alcune tribù del centro dell’Africa che copulano con la nuda terra, coscienti che terra ed uomo sono un’unica cosa; senza timore alcuno, senza paura della rabbia, dell’ira del Supremo, del loro Dio. Ira che non ha motivo d’essere, se esiste il vero amore per ogni cosa.! So che in questo momento, se non ci fossero i tabù imposti dalla ipocrisia umana, mi sbarazzerei dei miei abiti, quelli che indosso, quelli di stoffa, abiti che vesto sul corpo, che lo proteggono dalle intemperie e alla vista di sguardi indiscreti. Ma toglierei soprattutto quelli della mia mente, i più difficoltosi da levare perché cresciuti e adattatisi nel tempo al mio modo di pensare e d’essere, fin dall’infanzia, fin da quando mi è stato detto che l’onanismo rende ciechi, che l’autoerotismo è una forma di peccato delle più gravi, una forma di sottile piacere non concessa all’uomo o alla donna. Straccia quest’inutili abiti Mario, chiama i tuoi amici, gioca con loro, rincorrendosi nel bosco e abbracciandosi, fra i larici e i pini, che vestito alcuno non hanno, che donano con fierezza la visione della loro più intima natura, della nudità completa anche dell’animo. Forza amici, cosa aspettate, correte vi prego raggiungetemi, non posso più aspettare, il desiderio si fa impellente, sempre più forte, intrattenibile!. Desiderio di sentire il contatto della mia pelle con la corteccia ancora umida di rugiada dei faggi, desiderio di strofinare il mio corpo, là dove più è sensibile, sugli steli dell’erba nei prati. Struggente voglia d’annusare quelle magnifiche viole, di coglierne una e passarla in ogni piega del mio corpo ignudo godendo della sua gentile carezza. . Alberi uomo e piante donne, ricordate?, ecco perché quando mi immergo nella natura fatta di boschi di laghi e foreste, mi sento felice. Ecco questi i miei pensieri bucolici, sfrenata fantasia di un poeta proiettato in un mondo lontano miglia e miglia dall’Italia, immerso col corpo e con la mente nella clorofilla, nell’aria arricchita d’ossigeno che entra nei polmoni e da questi attraverso le vie naturali, vere strade e arterie della natura, prive di ostacoli e di elementi inquinanti, finisce nel cervello, vero ed unico centro di comando dell’intero apparato fisico umano. Centralina che smista ogni emozione, ogni movimento che siano essi del corpo, delle membra, delle passioni, dei pensieri, dei ricordi, del credo Religioso. E proprio per il mio profondo credo, vi prego, non ditemi ateo, non chiamatemi blasfemo, né gesuita o panteista, no!.


Al prossimo capitolo

ciao

Italo Surìs
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