martedì 12 giugno 2007

la svizzera nel piatto I^






12 giugno 2007


E’ parecchio tempo ormai che non parlo di lamellare, sarebbe il caso quindi di continuare il nostro viaggio verso la conoscenza più approfondita di questo materiale e delle coincidenze che mi hanno condotto a scoprire questo mondo così affascinante. Eravamo rimasti al mio viaggio in Francia in Alsazia e più precisamente a Cernay, piccola e bella cittadina francese, posta in collina, non molto distante dall’aeroporto di Molouse. Come già detto il mio viaggio si era svolto in auto attraversando l’Austria, la Germania, i cantoni della Svizzera, giungendo, dopo aver attraversato il San Gottardo in quel di Francia. E’ stato per me un viaggio sia di lavoro, quanto di svago per cui mi ero preso il lusso di allungare il tragitto per conoscere nuovi posti e nuove realtà. Mi ricordo che pranzai il giorno del viaggio in un piccolo ristorantino situato proprio sulle sponde del lago di Ginevra. Non mangiai molto bene, rispetto a quello che ero abituato, però il panorama e la cameriera erano da mozzafiato! La superficie dell'acqua appena increspata, luccicava non molto distante dal terrazzo sopraelevato da cui seduto comodamente ad un tavolino, osservavo incantato ed estasiato la meraviglia di quel verdeggiante panorama. Il lago si perdeva a vista d’occhio ed io, seduto comodamente con la schiena rivolta verso la porta che dal ristorante conduceva all’esterno, ero completamente affascinato da ciò che si profilava dinnanzi ai miei occhi. Mi levai gli occhiali, presi il candido fazzoletto che tenevo nella tasca destra dei pantaloni, sollevando la coscia quel tanto che bastava per inserire la mano nella tasca dei calzoni in lana color antracite. Pulii attentamente le lenti degli occhiali che indossavo, che con la loro linea leggermente squadrata, allungavano appena appena il mio viso fin troppo regolare e un po’ rotondeggiante. Ottenevo così un buon risultato estetico, il mio viso sempre fresco e giovanile, non faceva intendere quale fosse la mia reale età. Avevo nel 1987 un po’ più di trentasei anni, giovane certamente, non molto magro vista la mia corporatura massiccia, rimasta tale, da quando avevo terminato di frequentare la palestra, allenando il mio fisico con il sollevamento dei pesi. Gli addominali e la panca, i manubri di diverso peso e grandezza, avevano scolpito il mio corpo. La mia carnagione naturalmente olivastra dava al mio volto l’apparenza di una perenne abbronzatura ottenuta con le lampade, cosa che invece io odio. Pulii lentamente le lenti, anche se a dir la verità, non erano nemmeno sporche. Era un’abitudine questa, ormai consolidata quando dovevo pensare, riflettere, elaborare. Non volevo perdermi il piacere di gustare quella meraviglia che si presentava dinnanzi ai miei occhi. Non volevo perdere il sapore che la vista del lago e della fiorente vegetazione, lasciava sul palato. Sì parlo con cognizione di causa, quando dico sapore e palato. Il piacere assunto attraverso gli altri sensi, si sono sempre per me trasformati in gusto.




Italo Surìs

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