lunedì 26 febbraio 2007

GRISU

26 febbraio 2007





“GRISU”


Ho rivisto i miei fantasmi, mi sveglio al mattino e rivivo quei momenti d’angoscia, di paura. Rivivo l’ansia del passato, che avvolge nel presente il mio corpo, bloccandone i muscoli ed il respiro.
Gli occhi si dilatano e cresce l’attenzione assieme all’adrenalina e all’eccitazione, mentre come in un sogno irreale, sollevo le braccia quasi a proteggere il capo da immaginari violentissimi colpi. E’ il passato il motore del presente? Ci muoviamo fra le strade intasate da ingorghi e pericoli.

I veleni della modernizzazione asfissiano i nostri polmoni, bruciano gli occhi che lacrimano di pietà, mentre subdolamente penetrano nei tessuti profondi degli alveoli, e nei bronchi. Come nei minatori d’altri tempi, il pulviscolo nero che avvelena la nostra esistenza, macchia, misto a saliva, il fazzoletto di cotone candido che con ipocrita speranza, accostiamo alla bocca verificando ciò di cui inconsciamente siamo consci. E’ il segno della nostra scelta di vita che ci appare! Essere neri dentro! e subire la violenza dell’illusione di una flaccida partecipazione al benessere che trova linfa nell’egoismo.

E’ la violenza, il male che si respira, il carbonchio delle miniere a cielo aperto. Sguardi ostili ci circondano e osservano criticamente la nostra figura. Conviviamo in un stretto monolocale, senza piacersi, estranei fra le stesse sbarre, ognuno con il proprio mondo, ognuno con le sue paure, ciascheduno con le proprie speranze, mentre i confini della libertà, si fanno sempre più stretti.
Avvolgiamo noi stessi la corda attorno al corpo, una corda mentale che ci imprigiona, che impedisce di muoverci in scioltezza,di ragionare liberamente.

Le mandibole serrate e la tensione dei muscoli delle mascelle, negano al nostro volto di distendersi, Impediscono che il sorriso evidenzi il bisogno di aprirsi e di esprimersi completamente.
Soli con noi stessi, nella prigione delle fobie, della sfiducia nel prossimo, quasi che i troppi tradimenti abbiano intaccato e minato la speranza e la volontà di credere nel vicino!.
Restano imperterrite e durature, tutte le paure. L’ambiente ostile non rassicura.
Nell’anno tremila, come nel passato più remoto, uomo solo nella giungla, umanoide che con, nulla come arma, si difende dall’ammasso scuro ed implacabile che ha nome “ CIVILTA’”


Italo Sùris
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