giovedì 5 giugno 2008

un guasto alla fiducia


05 giugno 2008


Un guasto all’impianto di raffreddamento di una centrale nucleare della vicina Slovenia, sta creando ansia, paura, angoscia in tutta l’Europa e maggiormente nel nostro paese. Qui in Friuli penso che la paura si tagli con il coltello, anche se alla fine nessuno ne parla apertamente. Ma siamo ad appena un centinaio di chilometri dalla località in cui è avvenuto il danno al circuito in questione e vi assicuro non c’è da starsene allegri anche se le notizie sembrano rassicuranti visto che si dice che non ci siano state fughe radioattive. A Trieste ho mio figlio che studia, è l’unico figlio che ho e temo per la sua salute.

In Italia il problema è anche maggiore, non tanto quello puramente pratico o tecnico, quanto quello mediatico e legato all’a corretta informazione dei fatti. E’ vivo ancora il ricordo del disastro di Cernobyl in Ucraina, la temperatura dei reattori nucleari spinti al massimo durante una prova, superò il limite di sicurezza, creando quello che è stato definito uno dei maggiori disastri di natura ambientale dovuto alla negligenza umana.

Ero in Francia in quel periodo ed ebbi la fortuna, se così si può dire di venire a conoscenza della cosa alla radio, telefonai a mia moglie in Italia e nella nostra beneamata nazione il problema, estremamente grave, non era stato neppure menzionato. Sicuramente per non fare allarmismo, certo però che la nube radioattiva non aveva rispettato le regole di civile convivenza, arrogandosi la decisione di espatriare irregolarmente oltre i confini dei paesi dell’est europeo, raggiungendo la Svizzera e anche la Francia.

A risolvere il problema di Cernobyl, fu concesso un appalto ad una ditta locale, una ditta meccanica specializzata nella produzione di macchinari di alta tecnologia che servirono per seppellire, sembra inutilmente sotto uno strato di tonnellate di cemento, l’intero impianto. Non penso che la ditta in questione fosse preparata ed attrezzata per tali interventi, soprattutto quanto a personale specializzato nel trattamento delle scorie radioattive. Per quello che si dice infatti, sembrerebbe che il lavoro più pericoloso sia stato eseguito dagli operai del luogo, pagati profumatamente e coscienti che la loro morte sarebbe servita a migliorare il tenore di vita dei familiari rimasti.

Chissà se tutto ciò corrisponde a verità o a fantasia. ancora oggi, mi chiedo che fine abbia fatto il ferro radioattivo smantellato dagli impianti della centrale. Visto che di discariche si sta parlando con preoccupazione in questo periodo, vuoi vedere che sono finite nel Casertano? Battutaccia a parte, sicuramente questo imprevisto si inserrà nella diatriba politica sull’opportunità di costruire centrali nucleari di terza generazione nel nostro paese.


Il timore Europeo sta a dimostrare che la paura sussiste e a tutti gli effetti le soluzioni tecniche adottate per garantire l’efficacia e la perfetta funzionalità di questi impianti, non sono ancora perfezionate. Allora perché farle in Italia?, perché mi chiedo doversi cagare addosso per il resto della nostra breve esistenza? Personalmente il problema più di tanto non mi tange, anzi, appena costruiranno la prima centrale atomica italiana, mi metterò a vendere pannoloni per incontinenti. Radioattivi sì, ma almeno ricchi.


Italo Suris

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