venerdì 6 giugno 2008

Il divo in eterno


06 giugno 2008

Ho avuto la fortuna di essere invitato alla prima di un film che avrà sicuramente molto successo fra il pubblico, diremo di più, è già stato premiato a Cannes ed è intitolato, come sicuramente molti di voi avranno capito, “ il Divo “, un film di Sorrentino, geniale regista partenopeo.

E’ un film che mi ha in un certo senso sconvolto. Mi ha lasciato perplesso l’interpretazione del politico, sette volte presidente del consiglio, un’interpretazione di un individuo surreale, un alieno, un essere apparentemente privo di morale e, cinico quel tanto, da giustificare ogni operazione, anche criminale, come necessaria alla crescita del paese. Sono relai le sue le dichiarazioni che elementi a lui vicino sospettati di frequentazioni che con un eufemismo si potrebbero definire poco attendibili, sono stati necessari a risolvere problematiche che avrebbero potuto rallentare lo sviluppo del paese.

Ho respirato per tutta la durata del film, il lato peggiore del potere e ho avuto personalmente l’impressione, che durante la prima repubblica, sia esistito un unico forte gruppo di potere che ha coinciso con la corrente andreottiana, gruppo di potere in cui esponenti della Chiesa erano coinvolti. Di colpo ho scoperto una terribile verità, l’essenza della politica, i giochi dei vari membri della stessa, forti del consenso del popolo e degli elettori. Un consenso giocato come potenziale motivo di ricatto, di forza occulta, una forza composta non tanto dal numero di schede e di preferenze scivolate nel buio dell’urna elettorale per il desiderio dell’elettore di fare una scelta accurata e responsabile dei propri rappresentanti, quanto da numeri intesi come forza militare da anteporre o contrapporre al nemico di una corrente antagonista.

Già, era ed è ancora questa, la politica in tutte le sue componenti sia partitiche che industriali, ma anche umane. Allora tutte le immagine e ogni riferimento anche casuale , mi sono apparse come un unico piano ben congegnato, ogni atto un elemento prestabilito e decisivo per la sopravvivenza del male assoluto rappresentato, secondo il mio parere, da un un’unica mente, un unico essere diabolico anche se forse così non è stato. Si è parlato nel film di P2, la famosa loggia massonica a cui ha appartenuto lo stesso Berlusconi, e di colpo ho fatto inconsciamente un parallelo. Ho rivisto uno stesso sistema di muoversi, il potere passato di mano, le stesse caratteristiche ma con nomi diversi e mi sono chiesto: “chi tira ora le fila di questa organizzazione collaudata ormai in modo definitivo sin dai tempi di Pisciotta e di Sindona?


E’ sparita sul serio la corrente andreottiana o la Dc, come qualcuno vuol far credere, oppure la stessa ha solo cambiato volto suddividendosi, come un fiume, in innumerevoli rigagnoli che confluiscono alla fine nello stesso immenso elemento, mare appunto, evitando così di essere individuato e controllato più facilmente?

Ho chiesto al regista se il film rappresentasse una forma di denuncia di un sistema, una critica nei confronti della politica attuale, la quale ha solo cambiato volto, ma non metodo. Se fosse l’accusa del comportamento illiberale e nefando della casta che è crollata allorché le è sparita la terra sotto i piedi improvvisamente, un crollo dovuto ai colpi violenti inferti dai magistrati, ma anche dai pentiti e dalle organizzazioni mafiose, le quali per bocca dello stesso Riina durante il processo, hanno ammesso che tutto rimane come prima e nulla è cambiato.



Ecco allora che se dobbiamo dare un merito a questo film, al di là delle interpretazioni dei singoli attori e alla bravura del regista il quale ha così ben saputo interpretare il meccanismo del potere nella nostra nazione, questo ultimo elemento è il merito più importante, un’accusa anche se indiretta di ciò che potrebbe essere stato, ma più di tutto di ciò che potrebbe avvenire. Ed è per questo motivo che ho sostenuto come fosse logico che gli spettatori del Divo potrebbero essere perlopiù, o anche massicciamente, giovani in cerca della verità. I grillino per capirci. Sorrentino come Grillo?, ho chiesto al regista, ha risposto di No.


Italo Suris

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