lunedì 26 novembre 2012

è nato nà creature nire nire, nire nire cumm'ecchè



                                                                                
                                                                                 



Oggi tornando da lavoro, mia moglie, come spesso delusa e rattristata, si è sfogata con me su ciò che succede nel suo ambiente di lavoro. Premetto, e non per vantarmi, che è una ragazza d'oro sotto tutti i punti di vista. Qualche difetto  come tutti lo ha, il maggiore? quello di voler essere brava, anzi molto brava. Ma ciò nasce da una sua esigenza interiore, è a tutti gli effetti una forma di riscatto verso il fato, il destino che l'ha fatta nascere povera e in una famiglia disagiata. La madre era bisognosa di cure e la sua famiglia era considerata e giudicata diversa. Il padre era un uomo mite, un grandissimo lavoratore che donava in silenzio senza il coraggio di chiedere, indeciso e sicuramente, schivo. 

Aveva gli occhi tristi Luigi, questo il suo nome. Per lui ridere era un peccato, una perdita di tempo, una mancanza di rispetto verso la comunità. il lavoro e la fatica contavano molto per lui significava la sopravvivenza. Non aveva torto pensando che aveva dovuto combattere la fame in ogni minuto della sua esistenza.  Andando con la mente a quando lavorava nei boschi come taglialegna o mentre alle prime ore dell'alba, prima di andare al lavoro come manovale, mungeva le uniche due vacche che aveva in stalla per trarne un po' di latte con il cui  fare il formaggio  di cui si cibava perlopiù la famiglia. 

Si lo so non è l'unico ad aver avuto  un figlio  morto di polmonite per il freddo invernale, e una moglie  caduta  in  una forma di grave depressione per la morte di uno dei due gemelli durante il parto. Una malattia da cui non si è più risollevata.  Una forte disistima ha, alla fine  contribuito, a scatenare ciò che io ritengo sia una voglia  di riscatto e di rivalsa. Conosco questo meccanismo, lo conosco bene perché mi è familiare.

Già anch' io amo essere fra i più  bravi,  anzi non più. Lo desideravo prima, per una sorta di responsabilità sociale, per dimostrare a me stesso di valere qualcosa, di meritare affetto e approvazione. Bravo per essere utile, bravo per risolvere i problemi degli altri, proprio come mi era stato richiesto durante la prima infanzia. E questa responsabilità ha pesato molto su ambedue. Abbiamo dato molto senza nulla ricevere in cambio, anzi no. Abbiamo ricevuto qualcosa, qualcosa che ogni giorno, come anche oggi, ci ha rammaricato e  rattristato: " invidia,  cattiveria e la non riconoscenza". 

E' così signori, e ogni giorno lo dico a Rosa, questo è il nome della mia donna, lo  ripeto ogni giorno da quando  ho capito che la bravura in questo paese dà fastidio. Da quando ho intuito che la meritocrazia fa paura perché le persone non sopportano qualcuno che offuschi la propria luce. Egocentristi, ecco cosa siamo diventati, primedonne che si infastidiscono e diventano cattive fino ad odiare qualcuno che è o pensano che siano più in gamba di loro.  Noi siamo fatti  così ci piace aiutare e operare bene. Indubbiamente c'è in noi, ripeto,  come in tante  altre  persone, il  desiderio di essere anche amati e approvati. 

Si è questa la motivazione più forte, sono i ricordi di un'infanzia triste o peggio infelice. E' la rabbia che ci spinge, il senso di rivalsa nei confronti di coloro che ci hanno umiliato e rifiutato. O anche deriso e o picchiato. E' triste dirlo ma è così. E come disse l'uomo, a quei tempi più veloce del mondo, Mennea, quando Cassius Clay esterrefatto esclamò " ma tu sei bianco", anche io rispondo proprio come lui, "certo, ma dentro sono più nero di te !".  Ecco signori è solo questo, noi dentro siamo più neri di qualcun altro, niente di più.

        
                                                                      

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