giovedì 13 dicembre 2007

Intermodalità e sviluppo

13 dicembre 2007


La Caporetto dei trasporti

Ieri avevo fatto una premessa che come al solito da breve che doveva essere, ha occupato, come quasi ogni mio scritto, un intero foglio formato A4. Purtroppo per voi sono un prolisso un chiacchierone anche quando scrivo. Il motivo è semplice ed intuitivo, non voglio lasciar addito a dubbi o fraintesi, voglio parlar chiaro e altrettanta chiarezza, desidero dall’interlocutore. Ecco il motivo per cui taglio con chi cerca di menarmela tanto.



Abbiamo analizzato le reali motivazioni del caos attuale, che non dipende ovviamente dal colore politico che gestisce la nazione, ma, come ho sentito dire e come tutti sanno pur negandolo, da ognuno di noi, dalla caparbietà di voler a tutti i costi coltivare il proprio orticello, cercando di ampliarlo furbescamente spostando di notte i paletti che delimitano il confine del terreno del vicino. Non è difficile intuirlo, in fondo la politica e l’amministrazione, come pure le leggi, sono dettate da esigenze e paure umane, logici interessi primordiali, o come asserisce qualcuno, sull’istinto Darwiniano di sopravvivenza.


E’ questo, di là dalle giuste motivazioni dei trasportatori, che hanno in questi giorni messo in ginocchio l’Italia bloccando merci deperibili o no, carburanti, ma, quel che è peggio anche medicinali, uno dei motivi che ha spinto forse la più potente corporazione attualmente esistente, ad ottenere di più di quanto abbiano ottenuto altre categorie. Soldi e promesse, anche analiticamente e oggettivamente dovuti. Ma con questo la categoria ha incassato anche l’assegno della riprovazione e la sfiducia duratura di tutti i ricattati che sono poi i più deboli, quelli che non potevano permettersi di fare provviste alimentari. Parlo di vecchi, poveri, operai, casalinghe, malati. In Italia a quanto pare si ottiene tutto con la forza ed il ricatto, vale il detto: “Occhio per occhio, dente per dente”. Peccato un’altra opportunità persa per dimostrare e far valere i propri diritti civilmente. I danni ingenti li pagheranno tutti gli italiani purtroppo, ma alla fine ogni nodo tornerà al pettine, questo è sicuro.



Forse non si sono resi conto di essere stati probabilmente strumentalizzati, o di aver fatto scioccamente un grosso errore. E’ stato dato al Governo un grosso motivo per accelerare la politica d’innovazione dei trasporti, è stata concessa maggior forza ai sostenitori dell’alta velocità e della ricerca di un nuovo equilibrio per i trasporti differenziandoli. Non a caso si parla delle due autostrade del mare, della riorganizzazione dei trasporti aerei e ferroviari. Che posso dire? È giusto che sia così, sarebbe stato molto meglio che tale innovazione fosse incominciata prima, in modo graduale. L’apertura di nuovi mercati e la concorrenza degli stessi nella globalità della produzione non lascia molto tempo per riflettere ormai. E’ una lotta per la sopravvivenza e l’economia nazionale e mondiale ha le sue esigenze. Alla fine bisogna accettare il fatto che noi tutti non siamo altro che dei piccoli pesci, i quali, fra l’altro, abboccano facilmente all’amo del più furbo, in questo caso la triade: politico- sindacale- imprenditoriale. Avremmo potuto fare le cose, prima, meglio e più razionalmente, ma ripetiamo il problema è sempre lo stesso, un Governo inattendibile, probabilmente ricattato e ricattabile, incapace ormai di gestire poteri economici troppo forti.



Bisogna anche dire che in Italia vi sono una miriade di ditte di autotrasporti, e il trasporto su ruote equivale all’ 84% del globale, cosa impensabile in ogni altro paese moderno. Il ricatto ha funzionato, la gente ha capito e ha preso paura rendendosi conto della propria vulnerabilità e probabilmente fra non molto la vedremo in piazza a chiedere la testa di coloro con cui proprio ieri hanno solidarizzato. Cosa posso dire?, niente, solo che leggendo distrattamente il forum di un sito specializzato in trasporti, aperto per caso il giorno prima degli scioperi, ho capito che c’è fra gli addetti del settore la consapevolezza di un cambiamento nel settore. Non per nulla si parla di una legge Europea che imporrà l’uso di mezzi, a parità di carico, della lunghezza di 24 mt. Per motivi di trasporto, ma anche ambientali. L’obbiettivo dichiarato è quello di far diminuire l’inquinamento da CO2, diminuendo i mezzi in circolazione, ma probabilmente non sarà certo l’unico. A Voi ora il compito di trovarne altri.

Italo Suris

Sguazzando nella me..lma

12 dicembre 200

Certo non si può affermare che l’Italia sia un paese tranquillo, ogni giorno c’è né una. Prima lo sciopero dei farmacisti, poi quello degli statali, infine gli artigiani ed i commercianti, i tassisti, poi gli operai ed infine ieri si sono fermati anche i camionisti. A dir la verità non bisogna dimenticare i medici e i qualcun altro. Gli unici a non scioperare, stranamente, sono stati i militari ed i politici. Chissà forse questi ultimi o non avranno interesse, oppure potrebbero conoscere l’assenteismo fin troppo bene per sentirne la nostalgia.


Ma veniamo al dunque. Il nostro si sa è un paese che galleggia da lungo tempo in un lago di m..da, un immenso e acquitrinoso spazio, in cui ognuno nuota a piacere e liberamente. Area che si vorrebbe chiamare spazio liberal- democratico. Insomma una vera schifezza. Sì signori siamo apparentemente liberi di sguazzare come le donnine americane, in una vasca colma di fango, di un putrido e maleodorante miscuglio di melma senza neppure accorgersi che veniamo inghiottiti inesorabilmente dal vortice della miseria e della guerra civile. Una guerra fra poveri fatta di miserie e soprusi, di ricatti ed egoismi.


Corporativismi e lobby, corporazioni e strutture politico- sindacali irrigidiscono il sistema Italia, impedendole di uscire definitivamente dal pantano. Un ambiente, che solo con l’avvento del libero mercato, si è reso evidente più che mai. Come appunto diceva alla TV, nella trasmissione di “che tempo che fa “ condotta da Fazio, il nostro carissimo ex Ministro dell’economia Tremonti, al quale il caro ex Premier ha dedicato un cactus, tanto ne era contorta la forma. Ha inneggiato, in un certo senso, al Marxismo, considerando come un comune mortale, il capitalismo odierno una forma errata di politica economica. Proprio lui che sembrerebbe abbia aiutato a trasferire all’estero, lecitamente si spera, ingenti fortune, mentre il deficit della nazione balzava nell’ hit-parade dei paesi più indebitati in Europa. Secondi dopo la Bulgaria, mi pare, o forse primi; e secondi in corruzione, non ricordo.


E già, perché c’è un legame stretto fra le cose, fra gli scioperi selvaggi e la conduzione politica, fra le associazioni di categoria protette dalle molteplici organizzazioni sindacali e lo sbilanciamento evidente e drammatico nella distribuzione del benessere. A nulla vale il ricorso alla giustizia, malata anch’essa più che mai. Un paese senza più regole il nostro, destinato a piegarsi su sé stesso, proprio come i nostri trenta e più partiti politici che si stanno accapigliando fra loro, mentre l’agonia del sistema si fa più evidente. Tutto ciò è ignorato dalle trasmissioni televisive, ma anche dal massmedia cartaceo, i quotidiani appunto, anch’essi mungitori dell’unica vacca, che tanto ricorda quella che mio suocero, Gigi Suris, mungeva traendo ogni giorno sempre meno latte dalle sue rinsecchite mammelle.


Certo ecco l’esempio calzante, l’Italia la potremmo rappresentare come una vacca in tutti i sensi, senza offesa per la patria s’intende, anche se, come ho sempre sostenuto, esiste la Patria con la P maiuscola, semprechè sussistano condivisione, imparzialità e giustizia; non certo corporativismo ed egoismo. Siamo arrivati al collasso e certo gli scioperi non finiranno, continueranno anche se si dovesse usare la forza. Il mancato precetto degli autotrasportatori lo dimostra.
La forza non vince la paura né la fame, né paga i debiti o restituisce il lavoro che non c’è più e neppure la vita persa in un’acciaieria o in un cantiere edile. La distanza fra il popolo e i politici aumenta, il divario si fa sempre maggiore e pericolosamente il vuoto avanza, lasciando spazio a poteri diversi e pericolosi, alle menti raffinate delle disciolte organizzazioni massonico-mafiose che non conoscono minimamente il diritto di libertà di espressione. Domani continueremo a dialogare in internet, perché, come ho detto all’inizio, c’è tanto da dire ancora su questo paese così sfortunato.


Buona notte




Italo Suris









mercoledì 12 dicembre 2007

amore e psiche



12 dicembre 2007

In mancanza dell'amore, anche l'odio profondo è più accettabile dell'indifferenza assoluta. Almeno, anche se sentimento negativo, è sempre segno di estremo interesse.

meditate gente

Italo surìs

scarpe in cuoio e metallurgia



12 dicembre 2007




norme antinfortunistiche

Da due o tre giorni, agli operai che lavorono nelle fonderie, parrebbe sia stata data, per sicurezza, disposizione di entrare in fabbrica con le pantofole. E sapete il perché?, non certo per paura di sporcare il pavimento. La maggior preoccupazione della direzione, sembrerebbe invece quella di non rovinare le scarpe degli operai in caso di incidente sul lavoro. Non vogliono correre il rischio di risarcire eventuali danni. E ci credo, con quel che costa la pelle!, quella delle scarpe s’intende!



Italo Suris

sotto il fuoco amico

12 dicembre 2007

Un cartello diceva: la bandiera di quest’istituto è listata a lutto. Già ora si piangono i morti in silenzio, continuando a lavorare, sommessamente. Forse è un problema che non tocca più di tanto. Si sa nella vita si muore e la morte stessa, fa parte della vita. Si muore di malattia, di vecchiaia, d’incidenti, per le strade, ma negli anni tremila si muore vergognosamente sul lavoro. Vergognosamente e dignitosamente. Due parole che abbinate danno il senso della realtà quotidiana, vergogna per i responsabili dignità di coloro che sanno di rischiare la pelle per sopravvivere giornalmente.
Sì, la vita è questa, forse ce lo siamo dimenticati ma la stessa è, fatica e sudore, è pazzia e sofferenza, tutto, ma la morte no!, Essa, la donna vestita di nero, non può giungere stupidamente dagli alti forni di una fabbrica, con un nome tristemente famoso. Non si può pensare che esistano ancora manager e proprietari che parlano una lingua gutturale d’oltralpe, ricordata da pochi superstiti dell’ultima guerra con terrore, che si comportino cinicamente come gli attori dell’immane sciagura che coinvolse il mondo nel 45. A quanto pare, siamo ancora in guerra, pensavamo che fosse finita per sempre, ma si riaffaccia con alterigia e alternativamente, nelle vie di Algeri e nei moderni campi della Todt Italiana, nel souk di Bagdad e nelle case di Perugia.
Qual è stato il luogo di martirio degli ultimi combattenti?; le acciaierie fantasma di Torino, l’inferno metallurgico della città delle olimpiadi invernali, la città amministrata da un sindaco di sinistra. Un amministratore distratto da altre cose più importanti , da progetti faraonici, tanto che forse non si è accorto di quanto avessero bisogno del suo operato gli appartenenti ad una classe dimenticata; gli operai . Un altro tipo di gente, persone messe nelle condizioni di lasciare o perdere definitivamente in quel gioco d’azzardo che è diventato il lavoro.
Molti hanno abbandonato l’inferno del ferro in fusione. Le taglienti lame di acciaio, per loro sono forse ormai un triste ricordo. Qualcuno ha preferito il non lavoro sicuro ad un’altrettanto sicuro pericolo di non farcela, di non tornare più in famiglia. Altri, sostenuti dal bisogno e dalla disperazione, hanno continuato, stringendo i denti e incrociando le dita. Lo hanno fatto, nonostante la gabbia in cui erano costretti ad operare, fra fumi infernali e vapori Danteschi, si stringesse sempre più attorno ai loro corpi come un’anaconda impazzita e vorace. Un animale ferito, morente e delirante in cerca di vittime da immolare alla necessità della moderna imprenditoria, alle esigenze di una ’economia globale.
Una bestia impazzita, un mostro fremente che ha costantemente cercato di stritolare fra le sue spire, quelli che fino poco tempo addietro hanno rappresentato la sussistenza. Movimenti lenti e ambigui per costringere, altre potenziali vittime, a fuggire impaurite, a mollare, a lasciare la morte virtuale o scegliere quella reale. Un inferno al posto di un altro. Mi par di vedere i giovani operai alla mattina, alle prime luci dell’alba, fumarsi l’ultima sigaretta della giornata e inspirare a pieni polmoni nell’aria fresca e con il bavero del giaccone sollevato, il fumo piacevole della stessa. Una voluta di fumo paradossalmente salubre e rilassante, se confrontato a quell’altro, quello che sale dalle fiamme incandescenti delle vasche colme di micidiali misture, composti chimici necessari a temperare il materiale e a distruggere invece gli animi.
Già l’ultima sigaretta, un sospiro, uno sguardo alla luna che ammicca ancora nel cielo, tristemente, come sapesse già tutto, tutto quello che sanno anche loro; la fatica, il sudore, le imprecazioni, la stanchezza, ma soprattutto la paura. Quel triste presentimento che pervade il loro essere, il timore che possa essere l’ultimo giorno della loro esistenza. Ecco perché, prima di entrare nell’inferno dei vivi, avranno sicuramente guardato verso il cielo alla ricerca disperata del sorriso delle mogli e dei figli, un aiuto insperato che calasse dall’alto, uno sguardo benevolo e di speranza, che desse loro la forza di dirigersi verso i moderni forni crematori.
In fondo il tiranno chiamato capitale esige anch’esso i suoi caduti. Le regole del mercato, le sue vittime. la frenesia moderna , i suoi morti. Le ideologie i loro caduti. Solo le madri e le sorelle restano poi, quando i loro corpi si sono liquefatti nel magma incandescente, a piangere dolorosamente i propri cari con appuntata sul petto una medaglia, e stringendo nelle mani sottili, un rotolo di valuta pregiata da abbracciare sotto le coltri del letto nuziale nel freddo e nel silenzio della solitudine. Ma con il dolore avranno l l’onore d' essere la vedova di un combattente moderno, un metallurgico o un operaio edile, “deceduti in una modernissima città occidentale, cercando di contrastare valorosamente il fuoco nemico”.
Eppure tutto era prevedibile, oppure potrebbe addirittura essere stato messo in conto. In fondo alla fine si chiude, si sbaracca e la ditta disloca nei nuovi paesi emergenti, quelli asiatici o quelli indiani, dove la vita è pagata ancor meno, in cerca di nuovi eroi, forse anche più giovani. Contemporaneamente il governo Italiano sopperirà ai doveri e agli impegni di quello che fu “il vecchio e fedele alleato di un tempo” Heil!!.

Italo Suris



























































martedì 11 dicembre 2007

ricominciamo da zero

11 dicembre 2007


Ciao ragazzi, sentivo tanto la vostra mancanza. Sono ormai quasi quindici giorni che il mio Blog è stato reso inaccessibile, e sapete perché?, perché come al solito ho voluto strafare. Se vi ricordate, nella precedente versione, avevo inserito molti banner.
Per me era come fare una collezione di bolli, francobolli che nella mia intenzione avrebbero potuto servire anche a qualcun altro, a qualche blogger interessato a migliorare il proprio blog oppure a trarne ispirazione. Ma li ho inseriti anche perché i colori fanno parte della vita, ed io se ben ricordate, amo circondarmi di molteplici colori. I colori alla fine trasmettono idee, emozioni, pensieri; dolci, tristi, eccitanti , allegri e teneri, ma anche minacciosi.
Sono proprio come i sentimenti. E come ogni cosa che faccio, in essa, trasmetto i miei di sentimenti, molteplici e confusi, emozionanti o deludenti. Ecco questa era l’idea, che all’inizio di questa avventura, avevo nel voler creare qualcosa di diverso, un blog indirizzato a tutti , alle donne e agli uomini, ai bambini, come agli anziani. E’ per questo che ho mescolato come si fa con una pietanza più ingredienti diversi, dalla cucina alla politica, dalle opinioni, alle poesie, dai disegni e dalla tecnica, alle foto e ancora, ancora altro avrei voluto offrire a chi mi legge.
Tecnica e romanticismo, che in fondo se vogliamo, come sempre ho sostenuto, sono due facce dell’identica cosa, due elementi indissolubili dll'uomo ambedue forme di pensiero e di logica , ma anche di passione e di coraggio. Peccato ho dovuto levare i francobolli, per riappropriarmi del mio sito, delle mie idee, di me stesso.
Certo è così, è proprio così, qualcuno, mi è stato scritto, poteva essere , anzi era, un cavallo di Troia, un conduttore di pop, ma non di arte, solo di mera pubblicità indesiderata. Li ho tolti ed è forse anche meglio, non tutti fanno le cose per passione, anzi, ormai sono talmente poche le persone, che rappresentano quasi una classe in estinzione, un piccolo manipolo di illusi e fantasiosi poeti.
Ma sono ancora con voi e rincomincerò a scrivere, cercando se posso di toccare nell’anima, affinché da essa sgorghino i sentimenti migliori, quelli di cui la nostra bella Italia ha più bisogno in questo momento così difficile per tutti. E adesso ricominciamo. Certo che questa volta mi guarderò bene dal scrivere strafalcioni.




Italo Surìs












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